Regia di Ari Aster vedi scheda film
Sono diviso dopo la visione di questo secondo lungometraggio di Ari Aster, regista dell'osannato (non da me) Hereditary. Motivi? Molteplici. Quello che mi tocca più vicino è il tema: comunità, setta, religione. Per chi ha vissuto direttamente o indirettamente (è il mio caso) il dramma di certi "gruppi", quel sorriso finale che chiude il film è insopportabile. Inaccettabile.
Quello che mostra non è certo nascosto: una ragazza insicura della vita pone tutta la sua fiducia nel suo ragazzo. Lui, invece, stanco di quel rapporto privo di ogni sentimento ed interesse, vorrebbe lasciarla. Con la sua combriccola di amici partono per la Svezia portandosi appresso la sua ragazza, colpita da un dramma familiare. Quì, entrano in contatto con una comunità tutta rune, natura, pura e bianca. Almeno in apparenza. E, ovviamente, le cose andranno male. Tutto lineare, scontato, telefonato, parrebbe. Ed infatti è così ma la tecnica ed alcune soluzioni colpiscono lo spettatore: droghe, cerimonie, allucinazioni, schizzi di violenza, simbolismi, una regia precisa e la bravissima Florence Pugh, tenogno in piedi tutto il film, girato alla luce del sole(!), altra soluzione riuscita, però, non esaltiamola troppo; dicevo: grazie a tutto questo Aster ti accompagna al finale (dopo oltre due ore) ambiguo ma non troppo: lei accetta la setta e sacrifica il suo ragazzo, che nel frattempo si accoppiava con una del posto in un rito "magico".
Ecco, quel finale di accettazione, compimento, passaggio, stona. Per tutto il film, lei, è l'unico personaggio con cui si entra in empatia. E per portarla dove?
Aster avrebbe dovuto colpire duro mentre ha virato per qualcos'altro. Cosa non lo capisco ma è sicuro che un epilogo così lascia l'amaro in bocca: non viene "distrutta" la setta (finale buono), o magari annientati i dissidenti (finale nero), fa "evolvere" l'unica persona "positiva" tramite qualcosa di "negativo". A questo punto tra lei e il suo ragazzo non vi è alcuna differenza (amici compresi). Che si fottano tutti.
La presa di coscienza, la maturazione, l'accettazione del dolore e il trovare amore e comprensione, dovrebbe essere appreso non certo tramite un passaggio religioso, qualunque esso sia, figuriamoci una setta!
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