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Le streghe

Regia di Luchino Visconti, Mauro Bolognini, Pier Paolo Pasolini, Vittorio De Sica vedi scheda film

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La recensione su Le streghe

di LorCio
7 stelle

Seconda delle due opere-celebrazioni prodotte da Dino De Laurentiis per la stupenda (e bravissima) moglie Silvana Mangano (l’altra era La mia signora), è un film che, nella migliore tradizione di certa commedia all’italiana (per quanto vi siano Visconti e Pasolini, il complesso del film si inserisce nella tradizione del genere principe degli anni sessanta nostrani) pone eguali distanze dagli estremismi: e così, un film sulle donne, uscito nel 1968, riesce a non essere né femminista né antifemminista.

 

L’unico che ci mette un po’ di impegno è PPP con una favola sublime sui morti di fame sfigati e senza pietà (La terra vista dalla Luna) che sa di metafora-apologo sulla borgata già tanto esplorata dal regista nel cinema e dallo scrittore in letteratura. L’episodio di Pasolini (il terzo) è decisamente il migliore, contraddistinto da uno stile riconoscibile, stralunato e disperato al contempo, originale e per certi versi felliniano (fosse una parodia?), i cui la Mangano sfrutta la sua espressività malinconica (Assurdina, sordomuta e dai capelli verdi) ed accompagnata da un Totò memorabile anche in parrucca da clown. Poco male il resto, che inevitabilmente, però, diventa pressoché inerziale di fronte al capolavoro di Pasolini.

 

Si inizia con un Visconti insolitamente beffardo che mette alla berlina il belmondo che conosce assai bene e con cui, forse, ha più di un conto in sospeso (La strega bruciata viva). Segue un Monicelli di routine con un segmento cattivo che sarà riutilizzato altre volte, anche nei Nuovi mostri, in cui, al posto della Mangano menefreghista, c’è un irresistibile Sordi qui vittima (Pronto soccorso). La siciliana di Franco Rossi è una farsetta che non riesce ad essere fulminante nella sua breve durata. Mentre l’ultimo segmento è quello forse più sottovalutato, con la Mangano coadiuvata da Clint Eastwood in un turbinio pop scritto da un insospettabile Fabio Carpi (Una sera come tante). La Mangano è la vera ragione del film.

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