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Le streghe

Regia di Luchino Visconti, Mauro Bolognini, Pier Paolo Pasolini, Vittorio De Sica vedi scheda film

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La recensione su Le streghe

di PompiereFI
6 stelle

Luchino Visconti – “La strega bruciata viva”.

Gloria, un’attrice all’apice della carriera, si presenta a sorpresa presso una festa per il decennale di matrimonio di una sua amica in crisi coniugale. Le sue movenze sono decisamente vanitose e “international”, impegnata com’è a dirigere il traffico dei suoi contatti lavorativi tra New York, Parigi e Lisbona.

Visconti sonda la sostanza dei vip e dell’essere attore: quanto c’è di industriale nella figura dei divi cinematografici e quanto di spirituale? Agognate e inarrivabili icone, le star sono in grado giungere ovunque: ingioiellate, adornate da cappelli vistosi e improbabili, cercano di far forza sul loro charme e sui soldi che tutto permettono. Presenza faraonica, splendente nel suo abito dorato, Gloria/Silvana Mangano viene percepita come una presenza giunonica dalle ciglia finte. Debole nella sua entità artistica, volubile e fragile, si “merita” il rogo con un forzato ritorno in elicottero verso il mondo che tanto la brama e nient’altro le concede. Neppure la maternità.

Mauro Bolognini – “Senso civico”.

Divertente la mimica di un Alberto Sordi che recita un monologo, mentre viene scarrozzato per Roma, dopo aver subito un brutto incidente automobilistico. Del tutto preciso nella sua stringatezza, mostra il cinismo e la concretezza di una femmina sull’orlo dell’emancipazione.


Pier Paolo Pasolini – “La terra vista dalla luna”.

L’episodio migliore, stipato da una fantasia di contenuti e avvolto da un clima magico del tutto estraneo ai principi del realismo. L’immaginario artistico è incessante, la classe è notevole. Tramite accelerazioni delle immagini, campi lunghi e grandangoli a deformare i volti, Pasolini descrive la ricerca della donna ideale da parte di un padre (Totò) e di suo figlio (Davoli), dopo la morte della moglie/mamma. Cercare il colore dopo il nero del lutto in un tentativo dai modi beffardi, e considerando un punto di vista alternativo o contrario (Luna) rispetto al solito (Terra), è quantomeno curioso. Le parti si avvicendano: le donne si travestono da uomini e viceversa, i vivi sono morti e i morti sono vivi.

L’episodio pasoliniano è dinamico e chapliniano nelle movenze. Concede qualcosa alla comicità tout-court, ribaltando la prospettiva lugubre del “Settimo sigillo” bergmaniano, e impiegando un buffone di corte senza il gioco degli scacchi, ne’ cavalieri combattenti od ombre. La peste della catapecchia, trasformata in casa-giocattolo dalla Fata Turchina “Assurdina”, ectoplasma sordomuto, si risolve in un girotondo con tanto di fisarmonica. Le lapidi non hanno alcunché di mortuario: le tombe recano sculture di mattarelli e di un Colosseo con tanto di buccia di banana a ricordarci la caducità della vita.

Franco Rossi – “La siciliana”.

Un materiale drammatico e delicato, tra gelosie, tradimenti e vendette, trattato in modo leggero, quasi irrispettoso. E del tutto fulminante nella sua essenzialità.

Vittorio De Sica – “Una sera come le altre”.

Il più lento fra tutti i brani. Una tardiva infarinatura di fantasie felliniane, e per giunta col flou. Interessante l’Eastwood pistolero senza molte cartucce da sparare, accanto a una moglie annoiata e stanca di lui.

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