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Baci rubati

Regia di François Truffaut vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Baci rubati

di yume
9 stelle

Il cinema di Truffaut, a partire da quello che vede agitarsi in giro il giovane Antoine Doinel, è leggerezza che reca tracce di un dono degli Dei, un lavoro prezioso di cesello, di cancellazione delle scorie, di annullamento delle pesantezze.

 

Que reste-t-il de nos amours
Que reste-t-il de ces beaux jours
Une photo, vieille photo
De ma jeunesse …

Così cantava Trenet nel ’42 e così continua a canticchiare Truffaut/ Antoine Doinel nel ’68, mentre corre per le strade e attraversa le piazze di Parigi, affannato, indaffarato, un lavoretto dietro l’altro, un amore dopo l’altro, un libro da leggere, una musica nuova da ascoltare.

Bonheur fané, cheveux au vent
Baisers volés, rêves mouvants
Que reste-t-il de tout cela
Dites-le-moi …

Resta il ricordo, quel niente che è tutto, il dolce sapore della vita, cantava Penna, e per Truffaut l’inizio di un amore totalizzante, esclusivo, per il cinema.

Una sana follia è quella che impregna di sé i movimenti di Antoine, “ la follia che viene da Dio e supera il senno che è di origine umana” (PlatoneFedro).

Il ragazzetto indocile di Les quatre-cent coups, il ventenne innamorato deluso di Antoine et Colette, ora è il giovane senza qualità che svolazza da un lavoretto all’altro, non si risparmia ma non conclude, eternamente in bilico e sempre in equilibrio.

Il primo fotogramma è quasi un fermo immagine.

E’ la vecchia porta d’ingresso, severa, priva di pennacchi e fronzoli, della Cinémathèque Française, il tempio della Nouvelle Vague.

E’ chiusa, in un cartello sbilenco dietro le sbarre si legge a malapena che sarà comunicata la riapertura, chissà quando!

Erano i tempi dell’affaire Langlois, quello che Truffaut lesse, a ragione, come il tentativo del governo di reprimere le arti.

"Preferisco piuttosto rifiutare la vita e rifugiarmi nel cinema, quindi quando il cinema viene attaccato, devo difenderlo".

Nel febbraio 1968 Henri Langlois, il fondatore della Cinémathèque nel ’36, fu licenziato dal suo incarico di direttore e sostituito con Pierre Barbin, un funzionario del governo gollista. Lo sdegno fu grande e seguirono lotte e boicottaggio della Cinémathèque, arrivò sostegno a Langlois dal mondo intero (ricordiamo anche Chaplin) e il motto del cast di Baisers volées fu: “Se Baisers Volées è un buon film, sarà per colpa di Henri Langlois, e se è brutto sarà per colpa di Barbin".

 

E allora, se Wittgenstein sosteneva che “ciò che non si può dire, non si deve soprattutto tacerlo, ma scriverlo”, Truffaut usò la scrittura che gli era più congeniale, il cinema, e si conquistò l’unica eternità che sia concessa agli uomini.

Antoine Doinel è diventato un mito, il modello intatto nel tempo di cosa vuol dire essere bambini, poi ragazzi e infine giovani.

Possono cambiare le mode, le canzoni, i riti. Molto è cambiato, dire deteriorato sarebbe la solita laudatio temporis acti colata dalla barba di Cicerone, non è ciò che vuole Truffaut.

Il suo cinema, a partire da quello che vede agitarsi in giro il giovane Antoine, è leggerezza che reca tracce di un dono degli Dei, un lavoro prezioso di cesello, di cancellazione delle scorie, di annullamento delle pesantezze.

E Jean-Pierre Leaud sembra nato per essere Antoine.

Jean-Pierre Léaud

Baci rubati (1968): Jean-Pierre Léaud

Mai vedere il film doppiato, bisogna sentire la sua voce, un magico incontro con la sua gestualità, un tocco leggero e armonioso in punta di penna, pardon, di mdp.

Ha difficoltà Antoine a trovare il suo posto in società? Pas mal, da volontario triennale in artiglieria si congeda (non prima di aver consumato tutti i soldi che lo Stato gli ha dato e il rude superiore gli rinfaccia) e diventa portiere di notte.

Ma poi trova di meglio e fa l’ investigatore privato, e allora sì che riprende le sue corse per la città (e come poteva non correre da quella fuga bambina verso il mare, via dal riformatorio?).

La carriera del detective non fa per lui, troppo disordinato, perde le tracce degli spiati, si fa riconoscere, e così si mette a vendere scarpe, ma dura poco. L’attività calzaturiera era legata a quella di detective, così muoiono entrambe e cosa c’è di meglio che diventare riparatori di televisori? Un televisore non manca quasi mai in Truffaut, pensiamo ai magnifici schermi a parete, feticcio delle casalinghe nelle case senza libri di Fahrenheit 451 .

Jean-Pierre Léaud, Claude Jade

Baci rubati (1968): Jean-Pierre Léaud, Claude Jade

E l’amore? Anche lì siamo all’insegna dell’effimero e le vicende s’intrecciano con quelle lavorative, nulla manca ma nulla resta, la vita è tempo che si consuma in incontri fugaci, acqua che scorre sotto i ponti e non è mai sempre la stessa, come ribadisce l‘antico saggio.

C’è una bella dose di malinconia in questo vorticare spensierato di Doinel, nel suo viso che si guarda allo specchio e ripete all’infinito nomi di donna e il suo, quasi che a dirli potessero mettere radici. Disincantato e costante nella sua apparente leggerezza, Antoine Doinel c’est moi, potremmo dire tutti, certo lo pensò Truffaut.

"Fare l'amore è un modo per compensare la morte. Devi dimostrare che esisti ancora ” gli dice il detective che l’ha assunto, e il pensiero della morte tiene tutto in vita, dalle incursioni in bordello con prostitute sui generis che tengono su la maglia perché freddolose e non vogliono sciupare l’acconciatura, alla walchiria più alta di lui parecchi centimetri.

L'ex amore Colette (Marie-France Pisier) incontrata per strada con un marito spento (François Adam) e un figlioletto in braccio farebbe impallidire i ricordi più focosi, mentre invece Mme. Tabard (Delphine Seyring) sofisticata, elegante e insoddisfatta, provoca dichiarazioni d’amore ardente via lettera affidate alla rete pneumatica che scorre sotto le strade di Parigi.

Ma è un soffio anche quello, tornare a Christine Darbon(Claude Jade) conviene, in fondo da militare le scriveva anche diciannove lettere a settimana e solo lei sa insegnargli come imburrare una fetta biscottata senza romperla.

Meno scanzonato di quanto voglia sembrare, Baisers volées è vita vera che s’impiglia per un attimo nell’occhio della cinepresa, parla un po’di sé e scorre via verso il prossimo episodio, il giorno dopo porterà nuovi volti, incontri casuali, baci rubati, storie da ricordare, chissà.

E allora meglio non dar retta a quello strano stalker che le giura amore eterno e inossidabile.

Sottobraccio ad Antoine Christine si alza dalla panchina e va via, “…tempo a picco sul corso dei cuori che passano” (R.M.Rilke)

 

 

 

www.paoladigiuseppe.it

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