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The Blue Flower of Novalis

Regia di Rodrigo Carneiro, Gustavo Vinagre vedi scheda film

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La recensione su The Blue Flower of Novalis

di alan smithee
8 stelle

SICILIA QUEER FILM FEST

 

"Quando muori, se hai avuto una vita difficile come Nina Simone, trionfi come idea".

Gustavo Vinagre intervista questa volta un ragazzo apparentemente qualunque, che, dinanzi alla camera senza veli né falsi pudori del regista, si mette letteralmente a nudo, raccontandosi senza remore né alcun tipo di filtro o paratia censoria.

Marcelo Diorio ci accoglie nudo nel suo appartamento di San Paolo, alle prese con esercizi fisici in cui espone anche al sole le parti normalmente più nascoste del proprio corpo, come misura di precauzione contro la sua carenza di vitamina D. Sieropositivo da decenni, ma senza conseguenze importanti dopo essersi sottoposto ad appropriate cure, il giovane si apre al pubblico raccontando la sua particolare giovinezza, figlio di una famiglia borghese che gli ha sempre preferito il fratello, morto poi in un incidente stradale, al seguito del quale la madre gli rivelò che avrebbe preferito che fosse lui a morire al posto del fratello.

Marcelo non ci risparmia particolari sin proibiti e piccanti inerenti rapporti incestuosi col fratello, che lo utilizzava come sfogo sessuale, iniziandolo alla pratica anale.

E poi ci racconta ogni minimo particolare della sua vita di tutti i giorni, fatta di incontri spesso occasionali, ma anche di una routine che a volte lo intristisce e rende particolarmente demotivato, pronto a riscattarsi con le emozioni private che i giochi sessuali ai quali si sottopone periodicamente, riescono ancora a fornirgli adeguato giovamento.

Tutto il racconto procede con una disinvoltura che azzera ogni malizia, anche nell'affrontare le situazioni più scabrose, sia dal punto di vista del racconto, che delle immagini di cui la camera del regista ci rende complici, senza tuttavia farci mai sentire alla stregua di volgari voyeurs.

Nel finale non proprio adatto ad ogni tipo di pubblico o sensibilità, la macchina da presa ci sorprende con una ripresa così intima del protagonista, da finire per rappresentare una sorta di possessione sessuale ed autoritaria, in grado di placare i turbamenti esistenziali di un individuo ormai così abituato a soccombere, da apparire inevitabilmente attratto dalla possibilità di apparire dominato e sottomesso.

Vinagre ci sorprende con un ritratto umano apparentemente qualunque, che invece si dimostra stupefacente per la limpida sincerità con cui il regista riesce a catturare l'essenza di una personalità decisamente più complessa di quanto le apparenze potrebbero suggerirci.

 

 

 

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