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1997: Fuga da New York

Regia di John Carpenter vedi scheda film

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La recensione su 1997: Fuga da New York

di Donapinto
8 stelle

Lo vidi al cinema all'eta' di 10 anni. Una New York notturna e apocalittica indimenticabile.Ogni attore e' al suo posto, compreso il "non attore" Isaac Hayes. Cult-movie eterno.

Uno dei migliori lavori di John Carpenter, se non altro il suo film piu' rappresentativo, diciamo il suo "biglietto da visita". Un cult-movie che a distanza di quasi quarant'anni sembra invecchiare al rallentatore. 1997: FUGA DA NEW YORK, si inserisce in quel filone fantascientifico di ambientazioni post-nucleari che mostrano individui che lottano per la sopravvivenza in un mondo governato da una violenta anarchia, o societa' futuristiche rette da governi dispotici e ultraconservatori. Nel caso di Carpenter si puo' parlare piu' di fantapolitica o fantasociologia  che di fantascienza. Non c'e' stata ancora nessuna guerra nucleare, ma le due grandi potenze (USA e URSS) sono ai ferri corti. Un efficacissimo e iconico intro, caratterizzato da una voce femminile fuori campo e coadiuvato da un semplicissimo grafico di computer, ci spiega la situazione: nel 1988 l'indice di criminalita' negli Stati Uniti e' aumentato del 400%. Per evitare una deriva anarchica, il governo ha deciso di trasformare la citta' simbolo della nazione (piu' precisamente l'isola di Manhattan) nel carcere di massima sicurezza per l'intero Paese. All'interno non ci sono guardie ma solo i detenuti e i mondi che si sono creati. La polizia sorveglia armata fino ai denti dall'esterno, con le poche vie di fuga completamente minate. La spiegazione si conclude con: le regole sono semplici, una volta entrati non si esce piu'. Evito di trascrivere la trama di questo film, ora mai nota a tutti e che e' un semplice pretesto che il regista usa probabilmente per attaccare la all'ora amministrazione repubblicana in carica e per descrivere una New York cupa, notturna, cosparsa di fuochi e apocalittica come non si era mai vista. Strade deserte, rifiuti, carcasse di auto ammassate, muri imbrattati di graffiti, individui antropofaghi che emergono dal sottosuolo in cerca di cibo, teste impalate per strada, sotterranei di palazzi in cui e' meglio non avventurarsi e lunghi silenzi rotti solo dalla splendida colonna sonora composta dallo stesso Carpenter. Il tutto fino al memorabile e beffardissimo finale. Tutte caratteristiche che fanno di ESCAPE FROM NEW YORK un cult senza tempo, uno di quei casi dove la cornice vale piu' del suo dipinto, o se preferite lo scrigno ha piu' valore dei gioielli da esso contenuti. Determinante per la riuscita del film l'apporto dato dagli attori e dai personaggi da essi interpretati. Mi sento di citare in particolar modo il protagonista Kurt Russell e del suo Jena Plinsken (Snake nell'edizione originale) uno degli anti-eroi piu' celebri del grande schermo, il cinico e risoluto Hauk (Lee Van Cleef) il direttore del carcere, il Duca, capo della gang che spadroneggia nella citta'-carcere, interpretato da Isaac Hayes, icona della black music anni 70'-80', Romero (Frank Doubedlay) braccio destro del Duca, una sorta di Klaus Kinski in versione Punk. Indimenticabile la scena quando si presenta ad Hauk e hai suoi uomini per comunicare l'ultimatum, mostrando il dito indice del presidente con ancora indosso l'anello. Infine il presidente degli Stati Uniti, a cui da il volto il sempre bravissimo Donald Pleasence. Personaggio inetto ed egoista che Carpenter si diverte a piu' riprese di ridicolizzare. Inutile specificare che negli anni a venire il film sara' "vittima" di discutibilissime imitazioni, specie nel nostro paese. Lo stesso Carpenter dirigera' nel 1998 FUGA DA LOS ANGELES, una sorta di sequel-remake con chiarissime situazioni quasi parodistiche, sempre con Kurt Russell protagonista, per nulla invecchiato o appesantito. Film che ho visionato solo una volta poco dopo la sua uscita, assolutamente non paragonabile al cult del 1981, ma con un risultato complessivo non disprezzabile.

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