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Si ringrazia la regione Puglia per averci fornito i milanesi

Regia di Mariano Laurenti vedi scheda film

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La recensione su Si ringrazia la regione Puglia per averci fornito i milanesi

di Souther78
8 stelle

Se nel 1982, rapportato ai mostri sacri della commedia nostrana, non poteva che essere considerato un misero fallimento, oggi restituisce la satira di una società che non c'è più, e che, pur con i suoi "se" e "ma", ci sembra desiderabile, rapportata a un presente grigio e ibrido. Una sana boccata di risate e ingenuità, per riscoprire chi eravamo.

 
Nel 1982, avremmo considerato questo film un'operetta minore, o, per meglio dire, minimale, di intrattenimento basso e privo di idee: erano gli anni d'oro del cinema di Verdone, Villaggio, Troisi (per citarne alcuni): istantanee agrodolci di un'italianità cangiante, che si rapportava criticamente con se stessa e con il proprio retaggio.
 
Il gruppo di attori protagonisti (Porcaro, Teocoli, Boldi) proveniva dal Derby, lo storico locale di cabaret milanese fondato dagli zii di Abatantuono; non a caso quest'ultimo emerse proprio lì, e la sua carriera cinematografica si porta dietro l'annosa polemica innescata proprio con Porcaro, attorno all'invenzione del "terrunciello" protagonista di questo film. Che l'avesse inventato Porcaro sembra indubitabile, mentre sullo sviluppo e successivo utilizzo da parte di Abatantuono rimangono dubbi, alimentati dalle versioni contrastanti. A conti fatti, sembra verosimile che Porcaro abbia inventato e condiviso, salvo poi, probabilmente, covare un po' di invidia per il maggior successo di Abatantuono, stigmatizzato per non avergli riconosciuto l'invenzione del personaggio.
 
Porcaro lo "conobbi" quando andavo alle elementari, e lui chiese a me e a un mio amico di comprargli le sigarette, affacciandosi dal balcone di casa sua, nel nostro stesso caseggiato. Non sapevamo neppure chi fosse, ma ovviamente la cosa ci turbò, tanto da riferirlo ai nostri genitori, che ci spiegarono che quel signore era agli arresti domiciliari. Di lui avrei saputo, anni dopo, che era morto prematuramente. 
 
Vedendo oggi, nel 2025, per la prima volta Si ringrazia la regione Puglia per averci fornito i milanesi, e vedendo anche per la prima volta sullo schermo quello che era rimasto relegato al ricordo di bambino un po' impaurito, non può non affacciarsi un'ombra di nostalgia: per i tempi, per l'ingenuità dell'età, per l'età stessa, ma anche per il nostro cinema. Quello che a volte, per la sua semplicità di situazioni e battute, fa quasi tenerezza, e che ci riporta a un tempo più vero, spontaneo, genuino e semplice.
 
I difetti di un tempo sono oggi dei pregi, poichè ci raccontano attraverso la satira uno spaccato di Italia che non c'è più: quando Milano si andava riempiendo di emigranti dal sud, che poi, una volta lì, guardavano male i propri conterranei: ci fa venire in mente la scoperta del fatto che molti elettori leghisti sarebbero stati proprio meridionali, che non volevano altri del sud al nord. Boldi incarna il tipico fighetto milanese, figlio di papà con fabbrichetta annessa, che parla di miliardi come la "gente normale" parlava di milioni. Un po' come il Pozzetto de Di che segno sei?, che non sa nemmeno come siano fatti cinque milioni di lire.
 
La Fiat 128 del protagonista ci ricorda quando per sentirsi signori bastava molto poco, e come si riusciva a fabbricare sogni con più inventiva che soldi nel portafogli.
 
A volte si ride, altre si sorride, e forse nemmeno. La sceneggiatura è raffazzonata, e il finale buttato lì con titoli di coda su un fermo immagine che arriva quasi "a tradimento". Tutto vero. Eppure, non riusciamo proprio a non vederci il buono, in questo 2025 così lontano nel tempo e nel sentire. Qualcuno dice che inseguiamo sempre il passato, poichè il tempo dell'infanzia è il più spensierato, o anche perchè la memoria fa "sembrare sempre più bello il prima del poi" (cit. Max Pezzali). Per quanto possa valere, non è questo il punto: fino agli anni '90 le cose sembravano migliorare, e personalmente immaginavo il futuro come un luogo pieno di aspettative in ogni campo. Semplicemente non è stato così: dai 2000, Internet, i cellulari e tutte le speculazioni del mondo virtuale, deliberatamente imposte con ogni mezzo, hanno radicalmente trasformato la società, rendendoci sempre meno umani e presenti a noi stessi. Chi mi segue sa già cosa io pensi delle cause di questo cambiamento, che non discuterò qui: certo è che, se siamo come siamo oggi, è perchè abbiamo assistito a un declino individuale, dunque sociale, che è partito da lontano, ma che nel 1982 era ancora di là da venire.
 
E, allora, benvengano queste commediole spensierate e improvvisate, per rinfrancar lo spirito, tra un orrore e l'altro del nostro presente.
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