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Boogie Nights. L'altra Hollywood

Regia di Paul Thomas Anderson vedi scheda film

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La recensione su Boogie Nights. L'altra Hollywood

di kotrab
8 stelle

Giovanissimo P. T. Anderson, ma già ha le idee chiare sul suo modo di fare cinema e di parlare delle persone con le immagini e con sceneggiature corali, poemi sinfonici dove anche le parti meno appariscenti hanno un'importanza non minore dei solisti. D'altra parte l'orchestra non esisterebbe. Boogie Nights è appunto uno sguardo che abbraccia un periodo, una società con le singole personalità, in particolare la faccia nascosta e che si fa finta di non guardare (più che vedere) di una nazione e della sua fabbrica dei sogni universalmente nota, un'industria che macina ancor più indifferentemente e meccanicamente i cambiamenti imposti dalle mode e dai modi di consumo del prodotto: il microcosmo del porno, alle spalle del macrocosmo in cui non si può far vedere certe cose pubblicamente (le dovute distinzioni le lascio sottintese). Anderson trae un notevole film da questa materia delicatissima e scivolosa, non solo grazie ad una tecnica eccellente fatta di piani-sequenza fiore all'occhiello, inquadrature mirate, ambientazione curatissima e narrazione abilissima, ma soprattutto grazie ad un atteggiamento non cacofonico, ma da orchestra "mahleriana" (senza però laceranti passioni e decadenti struggimenti), e forse prima di tutto imparziale e non altisonante, asciutto, sincero, insieme divertito e amareggiato nel ritrarre l'ascesa e la caduta e di nuovo una ripresa più matura di un giovanotto (M. Wahlberg) che per natura ha un particolare dono tra le gambe ma è ingenuo e fragile e ha anche un animo fondamentalmente buono, esposto quindi troppo ai pericoli di una strada apparentemente facile, come i vizi della droga e del lusso, con l'aggravante della preponderanza dell'orgoglio. Tutto a causa di un bisogno di affetto che cerca di trovare in una nuova famiglia (essendo scappato di casa), una famiglia allargata ed eterogenea, tra le braccia di un nuovo padre (Burt Reynolds) e una nuova madre (J. Moore), figure però ancor più instabili e a loro volta sradicate, vuoi per le ambizioni frustrate, deluse e vendute, vuoi per l'irresponsabilità e la dipendenza dalla droga, circondate dal caso e dalla violenza.
Il film comunque parla abbastanza già da sé grazie al verosimile intreccio di dolore e dolcezza, di disillusione, cinismo, affetto e dignità, ironia e naturalezza nei confronti di ogni inclinazione sessuale. 8

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