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Totò che visse due volte

Regia di Daniele Ciprì, Franco Maresco vedi scheda film

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La recensione su Totò che visse due volte

di cheftony
8 stelle

I
Paletta, scemo del villaggio dalle irrefrenabili pulsioni sessuali, è costretto a sopportare le angherie degli altrettanto rozzi compaesani, le avances di un maturo signore per scambiarsi rapporti orali ed una vita di miseria che gli impedisce di andare con la "celebre" prostituta Tremmotori; perciò ruba una collanina votiva da un'urna collocata in pieno paese, appartenente ad un boss mafioso. Un fatto imprevisto durante l'attesa della "consumazione" lo punirà...

II
Tarda a presentarsi a dare l'ultimo saluto al defunto Pietrino l'attempato amante Fefè in quanto odiato dal violento fratello di lui, Bastiano, perché i due vivevano a cielo aperto, senza segreti, la loro relazione omosessuale disonorando la famiglia. Fefè, infine, trova il coraggio di presentarsi, ma, destreggiandosi fra l'evitare i soprusi di Bastiano e il rimembrare i momenti lascivi trascorsi con Pietrino, emerge la sua natura di morto di fame.

III
Sono destinati ad incrociarsi seguendo una logica biblica i sentieri di Totò, un vecchio messia barbuto che è volgarissimo, scontroso e si rifiuta di fare i miracoli richiesti, quello del boss mafioso omonimo don Totò, che si fa grattare i coglioni con un bastone dai suoi picciotti e lesto a squagliare nell'acido chi lo contraddice, e infine quello di un infelice arrapato che arriva al punto di stuprare un angelo insieme a tre obesi e a strusciarsi, preso da libidine, ad una statua della Madonna.

"La solita Palermo dove il degrado ha consumato tutto. La tesi dei due registi è che tutto è distrutto e le uniche pulsioni sono il sesso (schifoso, imbrattato), e lo schifo generale. La rappresentazione vuole essere estrema [...] . Continuiamo a pensare che non sia difficile la pratica dello shock con le immagini, basta deciderlo. [...] qui c'è solo presunzione e l'arroganza di un'attitudine che non c'è. I "due" hanno lanciato strali contro Venezia, che non aveva apprezzato il loro capolavoro. Inutile dire che il pubblico... la pensa come Venezia. Ma la tragedia più grande è che "la coppia" troverà i finanziamenti per altri film come questo."

Queste sono le parole del solito, mediocre Farinotti, che non vede ad un palmo dal proprio naso e stecca, sbrigativo e superficiale, l'analisi di un film complesso e che ha suscitato scandalo con la terribile censura a cui venne sottoposto per poi essere "sbloccato" da una legge intevenuta a ridefinire i limiti della censura stessa, tornando ad essere disponibile con il divieto per i minori di 18 anni.
Daniele Ciprì e Franco Maresco, già autori del controverso programma "Cinico TV", del lungometraggio "Lo zio di Brooklyn" e pupilli di Enrico Ghezzi, in effetti, hanno scritto e diretto un'opera davvero al limite, se non "oltre": in un brullo non-luogo siciliano, la cui società sembra precipitata nel Medioevo, si stagliano in bianco e nero tre storie di degrado, concupiscenza, blasfemia, sesso malato, miseria; in questo mondo si parla solo dialetto siculo stretto, non esistono donne (i ruoli femminili sono interpretati da uomini), forse estinte perché inadeguate a cotanta brutalità, non esiste religione o etica.
Definito una sorta di crocevia fra Buñuel e Pasolini, Totò che visse due volte è pura avanguardia e perciò non per tutti i palati, cinema d'autore ostico e ambizioso, grottesco-nichilista ma forse anche ironico a sprazzi nel dipingere un'umanità senza speranza. Difficile da digerire, in tutta sincerità, ma da salvare.

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