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Totò che visse due volte

Regia di Daniele Ciprì, Franco Maresco vedi scheda film

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La recensione su Totò che visse due volte

di mm40
6 stelle

Totò che visse due volte è il secondo lungometraggio firmato dalla coppia Ciprì / Maresco, seguito ideale - formalmente quanto contenutisticamente - del precedente Lo zio di Brooklyn (1995). I personaggi e le situazioni sono essenzialmente gli stessi degli sketch televisivi promossi fin dai primi anni '90 sulla Rai 3 notturna di Ghezzi (Cinico tv): straccioni siciliani alle prese con le funzioni fondamentali del corpo umano (mangiare, cacare, fare sesso) in paesaggi spogli e rovinosi, ritratti in un bianco e nero dai forti contrasti ancor più desolante. La particolarità principale di questo lavoro è la gratuita blasfemia che lo accompagna per quasi tutta la sua durata: neppure le immagini sacre vengono risparmiate dalla violenza e dalla libidine dei protagonisti, e nel finale c'è perfino una rappresentazione adeguatamente misera e sboccata dell'ultima cena. Ovviamente il coraggio di Ciprì e Maresco costerà loro un sequestro censorio del film (annullato dopo il debito processo). Fra i difetti del lavoro va annoverata la scelta di mantenere, per estrema verosimiglianza, il dialetto siculo stretto come unica base per i dialoghi; fra i pregi c'è l'assoluta naturalezza nella direzione di interpreti che provengono per la quasi totalità dalla strada (dal cast di Cinico tv qui arrivano solamente in due: Rocco Cane / Marcello Miranda e il ciclista Francesco Tirone). Fotografia dall'alto valore estetizzante di Luca Bigazzi; Ciprì e Maresco si occupano anche della sceneggiatura (con Lillo Iacolino) e del montaggio (con Cesar Meneghetti). 7/10.

Sulla trama

Tre episodi di ordinario degrado in una Sicilia brulla e desolante. Un erotomane emarginato ha la fissa per un'orrenda prostituta; due attempati omosessuali si amano apertamente, contro le convenzioni popolari; uno spietato boss mafioso prepara un bagno d'acido per la sua importante vittima.

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