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Roubaix, una luce

Regia di Arnaud Desplechin vedi scheda film

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La recensione su Roubaix, una luce

di laulilla
8 stelle

Strano e insolito film di un regista apprezzato in Francia, ma poco noto da noi, che spesso poco comprendiamo il suo malinconico raccontare. Certo non è conosciuto come altri registi d’oltralpe, più inclini alla rappresentazione sociologica della realtà degradata di alcune città francesi, una delle quali è Roubaix, prossima al confine col Belgio.

 

Dell’antico splendore del tempo in cui era un fiorente centro industriale tessile, a Roubaix non è rimasta traccia se non quella delle vecchie abitazioni dei lavoratori del settore, ora rifugi malandati e sporchi, nascondigli di sbandati, furbastri e profittatori.

Di tal fatta sono i personaggi del film, ma il suo regista spesso e volentieri ci spiazza: crea attese – a cominciare dal titolo e dalla prima scena – a cui non seguono gli sviluppi che prevediamo; crea le situazioni – in cui cala i suoi personaggi – senza chiarirne le origini sociali; crea, soprattutto, ritratti di uomini e di donne senza dar conto del loro passato, convinto com’è che in loro si debba cercare la motivazione dell’agire, nei valori (o disvalori) morali che il loro comportamento quotidiano mette in evidenza.

 

Lumière e lumières Luce e luci

 

Siamo a Natale: l’incandescente bagliore che improvvisamente ci appare nel buio della notte, mentre ancora scorrono i titoli di testa, non è quello decorativo degli ornamenti festosi, ma quello di un’auto che ha preso fuoco. Rapido accorrere di ambulanze (c’è un ustionato) e della polizia che condurrà le indagini e presto chiarirà il caso.
C’è un commissariato di polizia, infatti, a Roubaix e, soprattutto, c’è Daoud (Roschdy Zem), il grande commissario di origine algerina che è rimasto, unico della sua famiglia, a Roubaix, dove è cresciuto, ha studiato e ha imparato a conoscere gli uomini, non solo per quello che dicono e fanno, ma anche per ciò che tacciono ed evitano di fare.
Un intuito particolare lo anima, favorito forse anche il suo continuo meditare, annotare e scrivere, in piena solitudine, fino a tarda notte, nel solito bar del quale pare quasi un complemento d’arredo.
Daoud ha un giovane superiore, il tenente Louis (Antoine Reinartz) che è appena arrivato ed è ben deciso ad affiancarlo lealmente: di lui e del suo passato conosciamo solo quello che ci dicono i libri sugli scaffali del suo studio, dai quali trae le proprie riflessioni sulla natura degli uomini: Bernanos e Levinas tra gli altri.

 

Daoud e un po’ anche Louis, forse animato da sorta di etica religiosa, illuminano, dunque, pur nella diversità della cultura e delle origini, la notte perenne di Roubaix, fronteggiando, in un gioco delle parti ben distribuite*, gli sciagurati che spesso delinquono al di là delle intenzioni, per stupidità o per eccessiva fiducia nelle proprie capacità di crearsi alibi solidissimi o di fermarsi al momento giusto.

 

 

 

 

Desplechin si ispira a un documentario del 2002 e trasmesso dalla TV francese nel 2008: Roubaix, commissariat central, affaires courantes di Mosco Levi Boucault, incentrato su un fatto di cronaca, sceneggiato successivamente per i quattro principali interpreti del film, ovvero, oltre a Daoud e ad Antoine, Claude (Léa Seydoux) e la sua amante Marie (Sara Forestier), incapace di opporsi alla volontà dominante dell’amata.

Complici nell’assassinio di una vecchia donna, malandata e povera, convinte che l’omicidio assurdamente crudele avrebbe risolto qualche loro problema economico, le due giovani donne erano state subito sospettate dal grande Daoud e dal tormentato Antoine, che senza fretta sarebbero riusciti a incastrarle, dopo numerosi interrogatori con ogni evidenza teatrali*, durante i quali erano emerse sia la stolta sicumera di Claude, sia la remissiva debolezza di Marie.

 

Attorno al racconto, che come ho detto, è tratto dal documentario, altri episodi di minore rilievo, ma moralmente significativi del degrado delle coscienze,  come truffe, stupri, fughe da casa di ragazze minorenni impegnano l’attività del commissariato, che nulla trascura e tutto risolve.

La pellicola è certamente interessante, anche se non sempre riesce a convincere del tutto l’affollarsi dei delitti natalizi, ai quali offrono la loro dedizione e la loro professionalità gli uomini del commissariato, veri angeli o veri eroi, secondo le parole dell’autore che precedono il film, che assume, a mio avviso, nel suo complesso l’aspetto di una meditazione quasi metafisica sulla ineliminabilità del male dal cuore dell’uomo.

 

_______________

*che il film mostri, soprattutto nella parte centrale una spiccata impronta teatrale, e che ciò avvenga per volontà del regista è ammesso da Desplechin, nel corso di molte interviste.

A questo proposito così si esprime Cyril Béghin, sui Cahiers du Cinéma nel numero del settembre 2019 : “adapté…comme une pièce de théâtre, reprenant ses principaux faits, personnages et dialogues pour les mettres dans des corps d’acteurs” (pag 40).

 
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