Regia di HIKARI vedi scheda film
Come in tutti i buoni film prodotti in Giappone anche in questo la trama è l'ultima delle cose a cui dovete badare. Qui contano i silenzi, gli sguardi, le emozioni che filtrano timidamente. Non aspettatevi facili morali o grandi verità. I fatti sono raccontati con una semplicità a tratti disarmante ma non per questo banali. La disabilità è rappresentata in tutta la sua realtà, senza veli ne' facili pietismi. Yuma, la giovane protagonista del film, sente il bisogno di affrontare quel mondo dal quale la madre l'ha sempre voluta proteggere. Nel suo breve ma intenso viaggio entrerà in contatto con realtà che l'aiuteranno a crescere, a interagire con gli altri ma, cosa più importante, a ritrovare un legame familiare e delle radici che rinforzeranno la sua autostima e le daranno la forza di accettare la sua condizione senza per questo rinunciare ai suoi sogni. In questo film c'è, a mio avviso, un profondo messaggio di speranza e un invito a non lasciarsi condizionare dai pregiudizi. Non credo sia un caso, infatti, che i personaggi che avvieranno il processo di crescita di Yuma appartengano al mondo della pornografia e della prostituzione. Un film che a tratti ricorda un altro capolavoro giapponese, "L'estate di Kikujiro", di Takeshi Kitano.
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