Regia di Gus Van Sant vedi scheda film
Il più grande problema di questo film è anche, se vogliamo, la sua principale attenuante: è scritto da dei ragazzi (gli allora studenti Affleck e Damon) e si vede. Will Hunting è presentato come una sorta di eliotiano uomo universale dalle abilità talmente inverosimilmente variegate (sa tutto di matematica, fisica, chimica, filosofia, storia dell'arte, psicologia, medicina, diritto, scienze delle costruzioni ed è pure un efficiente donnaiolo) da far apparire Aristotele e Leonardo Da Vinci degli analfabeti col QI di un forno a microonde. Gli studenti universitari figli di papà (col codino, il maglione di lana ed il viso cementificato in un'espressione altezzosa) sembrano usciti da una puntata de I Simpson. Gli amichetti del nostro eroe si atteggiano a rifiuti umani con fare talmente petulante da far tenerezza, e lo stesso vale per gli assistenti del professore universitario che prende Will sotto la sua ala protettrice, il quale intrattiene col terapeuta Robin Williams un rapporto conflittuale quasi fumettistico. Ma più in generale, le situazioni sono così prevedibili ed infarcite di luoghi comuni ed i dialoghi così da cartolina, da rendere impossibile una sincera empatia per i personaggi. Will Hunting – Genio ribelle è potenzialmente uno di quei classici film capaci di rendere emblematico ciò che di sbagliato ha quasi sempre avuto la Hollywood più mainstream: banalizzare i caratteri ed appiattire i rapporti umani fino a farli diventare involontariamente simil parodistici. Ma, probabilmente proprio perchè scritto da dei ragazzi, a differenza di altri film appartenenti a questa desolante tipologia, riesce a regalare almeno qualche momento sincerameramente toccante, su tutti l'arcinoto confronto finale fra Will ed il suo terapeuta: per quanto didascalica, quella sequenza riesce ad essere davvero intensa.
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