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Starship Troopers. Fanteria dello spazio

Regia di Paul Verhoeven vedi scheda film

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George Smiley

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La recensione su Starship Troopers. Fanteria dello spazio

di George Smiley
8 stelle

Paul Verhoeven, regista di Robocop e Atto di Forza, dirige un film di fantascienza bellica basandosi sul romanzo Starship Troopers di Robert A. Heinlein, ribaltando i contenuti in modo da adattarli ad un intento ferocemente satirico e sarcastico nei confronti del militarismo made in U.S.A. e della società americana, motivo per il quale, nonostante un buon risultato al botteghino e una fama diffusa, o non è stato capito (e quindi scambiato per un filmetto per ragazzi) oppure è stato criticato da quelli abbastanza svegli ma non abbastanza ironici e fin troppo conservatori per apprezzarlo. Combinando il design alla Star Trek di astronavi, abiti ed edifici con uno stile artigianale e splatter che si ispira ai B-movie di fantascienza dei bei tempi che furono, il regista olandese firma un action-movie adrenalinico e fracassone, nel quale si sprecano gli schizzi di sangue e di budella, le scene truculente e le morti sul campo, sia dalla parte dei marines spaziali sia da quella degli aracnidi, fino ad un punto tale che viene spontaneo chiedersi quali siano realmente gli insetti da schiacciare. I protagonisti (umani) sono i classici ragazzetti bellocci piccolo-borghesi americani, i classici tipi da college con tanto di ballo scolastico, con il protagonista Johnny Rico che è un manzo palestrato negato per la matematica ma che ovviamente è il capitano della squadra di football del college e ha una ragazza talmente intelligente che presto lo pianterà per fare carriera e stare con un altro belloccio, dunque una coppia di gaudenti arrivisti (e per giunta il fesso ha pure un’amichetta di gran lunga migliore della sua fidanzatina che stravede per lui, ma egli è troppo’nnamurato per darle spago, da bravo gallo del pollaio). Come se non bastasse, il nostro americano doc si beve tutte le stronzate che gli vengono propinate dal suo professore ex-militare, il guerrafondaio professor Rasczek (Michael Ironside più ironico del solito), e finisce per arruolarsi nella fanteria mobile, praticamente le classiche truppe che si fanno il culo belle contente e che vengono mandate allo sbaraglio con successiva (e inevitabile) carneficina. Il motivo? Perché, nel futuribile mondo immaginato da Verhoeven (e qui, udite udite, si vede tutta la genialità e l’ironia dell’olandese, accusato da qualche besugo ritardato di essere fascista), in cui la Terra è governata da una repubblica a carattere militare, per avere la cittadinanza e quindi il diritto di voto bisogna aver prestato servizio militare (the American Dream), durante il quale alle povere reclute viene fatto il lavaggio del cervello a forza di propaganda e annientamento dell’individualità, basti pensare che la passeggiata attraverso la quale i novizi possono abbandonare l’addestramento è chiamata “il viale del fallimento” (perché i veri duri non sono delle mammolette che se ne sbattono dell’esercito e che hanno paura di venire prese a calci nel didietro in qualche sperduto pianeta in nome del loro paese). Ma la presa in giro più divertente è il modo in cui vengono rappresentati i futuri nemici dell’umanità: sostanzialmente, degli enormi aracnidi comunisti che attaccano spuntando fuori dal terreno come i Viet Cong e che, guarda caso, nonostante siano solo dicerie, non sono stati i primi ad attaccare bottone, bensì furono gli umani ad andare a rompergli i maroni nel loro pianeta. Ovviamente gli insettoni, come qualsiasi persona che abbia un po’ di dignità, si sono sentiti leggermente infastiditi da questo atteggiamento colonialista e hanno risposto con la resistenza ad oltranza, nonostante non fossero equipaggiati con gli armamenti pesanti delle truppe terrestri. Altrettanto ovvio è il fatto che, mentre gli insetti (vengono chiamati anche così) sono sulla difensiva e nessuno sembra accorgersi del fatto che si combatte prevalentemente sui loro pianeti, al loro primo e unico attacco terroristico sulla Terra si scatena una campagna d’odio nei loro confronti come se fossero dei mostri sanguinari. Come se non bastasse, viene fatto credere all’opinione pubblica che essi siano delle semplici e irrazionali macchine di morte; al contrario sono più intelligenti di noi e sono guidati da una casta di insetti superiori, uno dei quali, in una famosa scena, dopo essere stato provocato dal ganzo di turno con la classica frase da macho “Un giorno arriverà uno come me che distruggerà te e la tua razza di merda!” gli sfonda il cranio con un aculeo e gli succhia il poco di cervello che si ritrova nella scatola cranica. Il poveretto (l’insetto, chi credevate?) verrà successivamente catturato e, senza tanti complimenti, utilizzato come cavia da laboratorio nel tentativo di studiare la temibile specie aliena. E non è tutto: l’inventiva del regista non si limita a questo, ma inserisce in corso d’opera dei telegiornali propagandistici che inneggiano alla guerra, all’arruolamento e alla lotta contro gli aracnidi (mitica la scena dei bambini che calpestano gli insettini di fronte all’esaltazione delle loro mamme), annulla completamente la distinzione fra sessi nell’addestramento militare (uomini e donne fanno pure la doccia insieme, ma se pensate che questo sia un indice della raggiunta parità fra i sessi vi sbagliate, perché proprio le donne sono le più mascoline) e conclude con un finale esaltante (in senso ironico) in cui i protagonisti, ormai assuefatti alla guerra, diventano essi stessi dei modelli da seguire, con l’esortazione rivolta al pubblico a non perdere tempo e ad arruolarsi. Diretta con toni scanzonati e sarcastici e interpretata da attori (volutamente) inespressivi e di bell’aspetto (ad eccezione della brava e bella Dina Meyer, interprete fra gli altri di Dragonheart), “Starship Troopers - Fanteria dello spazio” è probabilmente l’ultima pellicola degna di nota di Verhoeven e un classico della fantascienza anni ’90.

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