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Il mostro di St. Pauli

Regia di Fatih Akin vedi scheda film

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La recensione su Il mostro di St. Pauli

di dilma rousseff
10 stelle

Uno dei migliori registi attualmente attivi in Germania ci regala un film che non fa rimpiangere i tempi del suo titolo maggiormente noto in Italia (LA SPOSA TURCA)

Spero non si offenda nessuno se dico che nessun critico italiano ha capito nulla dell'ultimo film di Fatih Akin (IL MOSTRO DI ST. PAULI), regista tedesco di origine turca che aveva raggiunto la notorietà internazionale già all'età di 30 anni, con l'ottimo LA SPOSA TURCA. Anche il suo nuovo film dimostra la sua capacità eccezionale di ricostruire nei minimi dettagli i contesti in cui ambienta le vicende da lui narrate. Al Festival di Berlino, IL MOSTRO DI ST. PAULI (che oltretutto narra vicende reali e ben note a tutti in Germania ed al regista in particolare) è arrivato ad essere uno dei film candidati a vincere l'Orso d'Oro. In Italia invece, in tutte le critiche che ho letto, questo film viene presentato come un horror particolarmente truculento ed inesistente dal punto di vista della sceneggiatura. Insomma viene trattato come uno splatter di bassa lega. Nulla di più falso. In generale, questo film è stato trattato con superficialità, forse anche per via di un discorso vagamente anti-cattolico che viene fatto ad un certo punto del film. Nessuno ha capito il punto di vista del regista, che ha una sua teoria ben precisa e che ci mostra come la violenza del protagonista si scateni non solo a causa delle sue tare mentali, ma anche e soprattutto a causa della sua dipendenza dall'alcool (uno dei pochissimi personaggi positivi del film è una milite dell'Esercito della Salvezza) e della sua ossessione per la pornografia (le pareti della misera abitazione del protagonista sono tappezzate da fotografie pornografiche), fattori che scatenano i suoi più bassi istinti. Nel film viene mostrato come la vita del "mostro" torna per un breve periodo ad essere quasi normale, quando -conscio dell'abisso in cui è sprofondato- smette di bere e si cerca un lavoro. Solo una ricaduta nell'alcoolismo (a cui vorrebbe sottrarsi, oltretutto, ma viene spinto da altri i quali -guarda caso- non capiscono che anche le loro vite sono state rovinate dell'abuso di alcool) lo riporta alla sua mostruosità, che altrimenti resterebbe repressa. È un punto di vista coerente con le origini culturali del regista (nei Paesi musulmani, l'alcool e la pornografia sono tradizionalmente proibiti ed additati come cause della decadenza occidentale).

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