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L'angelo del male

Regia di David Yarovesky vedi scheda film

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La recensione su L'angelo del male

di Furetto60
4 stelle

Horror con una buona idea di partenza,ma non sviluppata bene. Nel complesso, molto deludente

Incipit, molto familiare ai cinefili, vedi alla voce "Superman”, Tori Breyer alias Elisabeth Bancks è una donna del Midwest, appassionata di arte, felicemente sposata con Kyle alias David Demman, un laborioso agricoltore. La coppia è molto affiatata, quello che però manca è un figlio. Dopo anni trascorsi nella speranza di riuscire a concepirlo, si sono quasi rassegnati, quando rinvengono, in prossimità della loro fattoria,una strana navicella spaziale, presumibilmente precipitata sulla terra, occupata da un neonato, a quel punto il loro sogno sembra materializzarsi, cosi lo adottano amorevolmente. Il piccolo Brandon diventa tutto ciò che Tori e suo marito abbiano mai desiderato, bambino geniale e brillante, di grande talento, ma restio a farsi degli amici, molto impopolare a scuola, dove i compagni non apprezzano la sua superiorità intellettiva e lo deridono, cosi preferisce, come molti figli unici, la compagnia di persone adulte, non solo dei suoi genitori, ma anche dei suoi zii. Tutto procede per il meglio, fino a quando Brandon, diventato ormai un ragazzino di dodici anni, prende coscienza quasi per caso, di possedere speciali poteri sovrumani, ma a differenza del famoso supereroe citato, segue, un percorso diametralmente opposto. Brandon, interpretato magistralmente da un inquietante Jackson A.Dunn, inizialmente dolce e timido, allorquando scopre di avere capacità, che gli altri non possiedono, diventa pericoloso e il bambino dei miracoli, colto da un delirio di onnipotenza, si trasforma in una macchina mortale, capace di uccidere a sangue freddo ogni "umano" che osi contraddirlo o fargli torto, cosi ne fanno le spese ,prima la compagna di scuola, a seguire la madre di costei e poi la zia fino ad arrivare, dulcis in fundo, a giustiziare i genitori, che hanno mangiato la foglia e finalmente hanno capito che sotto le spoglie all'apparenza innocue di un bambino di appena 12 anni, si nasconde un piccolo killer sociopatico, una creatura assettata di sangue e mossa da pulsioni oscure. L'idea di partenza di questo lavoro cinematografico è stata proprio quella di rovesciare un tema classico, afferma Brian Gunn, lo sceneggiatore: "C'è una tradizione che parte da Mosè e arriva fino alle storie contemporanee di supereroi, di genitori senza figli che ne adottano uno trovato per caso. Quei bambini crescendo diventano nobili e eroici, ma noi ci siamo domandati cosa succederebbe se le cose andassero in maniera diversa e quei bambini finissero per rivelarsi persone malvagie". Concetto dunque tanto semplice quanto potenzialmente efficace: applicare il linguaggio dell’horror al cinecomic, che consente nell’accezione cinematografica di giocare con una combinazione audace e inedita, sovvertendo dall’interno gli elementi di un genere già ampiamente codificato. Tanto sono fedeli al modello gli assunti di base, tanto è forte l’effetto straniante suscitato dal ribaltamento di genere. Tuttavia al di là di questa invenzione, peraltro nemmeno sviluppata bene, non pare esserci molto altro, in un film privo di sostanza, debole sia dal punto di vista narrativo che da quello visivo. Brightburn pur partendo bene, con un’introduzione interessante, ma che non può sostenere da sola il racconto, diventa cosi l’ennesimo “evil kid movie”, la cinematografia horror ne è piena, condito dai soliti immancabili, “jump scares”. Sprecato quello che poteva essere un fecondo incrocio, l’emergere puberale degli istinti sessuali, con le tendenze di una mente perversa, dotata di superpoteri, il collegamento lo suggeriva la stessa trama, con un’inquietante scena notturna, tra il protagonista e la sua compagna di classe, ma resta fine a se stesso. Insomma ennesima occasione mancata

 

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