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Luce

Regia di Julius Onah vedi scheda film

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La recensione su Luce

di Furetto60
7 stelle

Intenso e solido dramma di impianto teatrale. Molti spunti di riflessione

Luce, alias Kelvin Harrison Jr., è un brillante liceale e un abile battitore; il classico ragazzo modello, agli occhi della comunità e dei genitori Amy e Peter Edgar, rispettivamente Naomi Watts e Tim Roth, che lo hanno adottato un decennio prima, strappandolo ad  una devastante  guerra in Eritrea, in cui lui veniva utilizzato come bambino soldato. Crescendo, si è lasciato alle spalle il suo burrascoso passato, diventando un punto di riferimento per i compagni, l’orgoglio dei professori, insomma un ragazzo d'oro, cresciuto e allevato secondo i sani principi progressisti e liberali dei suoi genitori, ha saputo cogliere l'occasione per riabilitarsi, tuttavia, come vedremo poi, non è oro tutto ciò che luccica.
 Luce nutre una certa ostilità nei confronti di Harriet Wilson, alias
Octavia Spencer, la professoressa di storia che ha fatto espellere dalla squadra, il suo amico DeShaun, per buoni motivi. Un giorno  Harriet si imbatte in uno scritto in cui Luce celebra in qualche modo il pensiero dello psichiatra Frantz Fanon, un terzomondista fautore della lotta armata, in più rinviene, dopo una perquisizione, alcuni petardi illegali nel suo armadietto; l’insegnante si persuade che al di là dell’aspetto gentile ed educato, Luce  abbia un animo  violento e che stia coltivando propositi sovversivi. La tensione e la contrapposizione tra la professoressa e Luce, diventano sempre più accesi; Harriet, raccolta la confidenza di una ex, lo accusa di violenza sessuale, ma nessuno le crede, più facile  e più comodo bersi la parabola del ragazzino redento e sposato alla causa del sogno Americano, l’insegnante viene licenziata e a Luce il preside gli porge le scuse; i due protagonisti sono entrambi di colore, tuttavia lui è un immigrato, lei invece una donna afroamericana, non è una differenza da poco, in quanto depositari di due visioni del mondo assolutamente diverse; Harriet è figlia degli anni Sessanta e dei diritti civili, del movimento che lottava per l’eguaglianza tra razze diverse, usando la cultura, il confronto e il dialogo; Luce è un outsider, si è fatto da solo, e al di là delle miti apparenze, cova risentimenti ed è tutt’altro che pacifista. I genitori adottivi, pur essendo persone intellettualmente oneste, devono scendere a patti con la propria coscienza, per debolezza o eccessivo senso di protezione. Quella che subisce il cambiamento più drastico è Amy, disposta ad accettare anche il lato più oscuro del figlio, dice al marito, più critico e scettico “decidi da che parte stare” Luce nasconde nel suo intimo rabbia e cattiveria e man mano che la trama si dispiega, la maschera dietro cui si nasconde, si assottiglia; il paradosso si consuma nel monologo conclusivo, in cui il ragazzo dice l’opposto di quel che pensa, ma naturalmente va bene per tutti. La pellicola si ispira alla pièce di J. C. Lee,  e si accosta molto allo spirito teatrale, vista la partecipazione del drammaturgo alla stesura della sceneggiatura scritta a quattro mani, insieme al regista Julius Onah. Un excursus  sulle questioni razziali e le prospettive all'interno di una società che alimenta le disuguaglianze, nascondendosi dietro i pochi casi di successi individuali, di cui però in molti possono vantarsi: genitori, professori, istituzioni; una società moderna e aperta, in teoria, ma che di fatto  gratifica solo i singoli, per non doversi confrontare con i disagi dei più.
Film stratificato e difficile, non perfetto, anche ambiguo, ma comunque ben costruito, al netto di qualche lungaggine e con tantissimi spunti di riflessione.

 

 

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