La recensione su Velvet Buzzsaw

di alan smithee

6 stelle

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Nel mondo spietato dei mercanti d'arte e dei critici che si impegnano con tenacia, e pure un certo irrinunciabile cinismo di fondo, a decidere cosa vale e può aspirare a divenire oggetto di business tra il variegato e spesso controverso mondo dell'arte contemporanea, la giovane agente in carriera Josephina (Zawe Ashton), scopre per sbaglio che nell'abitazione di un suo coinquilino, trovato morto in solitudine per le scale nel pianerottolo adiacente al proprio appartamento, casa di un anziano artista morto senza eredi né conoscenti, sono custodite centinaia di sue sconvolgenti e tetre opere. Rimasta affascinata dalle stesse, tenta di rilanciare in forma postuma un autore invece incompreso e sconosciuto, nonostante lo stesso avesse lasciato scritto ben altre indicazioni a cui destinare la propria opera.

Ben presto i quadri dell'anziano pittore deceduto incontrano favori e consensi, soprattutto da parte della nota e ben piazzata gallerista Rhodora (Rene Russo), e dell'incorruttibile critico d'arte Morf

(Jake Gyllenhall), a sua volta divenuto amante di Josephina.

Peccato che poco per volta, una dopo l'altra, tutte le persone coinvolte nel percorso tendente a far conoscere e rivalutare l'opera dell'artista morto, finiscano per perire di una morte violenta e non si sa quanto accidentale o frutto di una decisione arbitraria e personale.

Alla fine ognuno pagherà per la propria colpa, e noi capiremo a cosa allude il titolo misterioso di cui si forgia l'eccentrico film di Dan Gilroy, regista che fu più bravo con Lo sciacallo, datato 2014, in cui figuravano come ora tra gli interpreti la medesima coppia Russo/Gyllenhall.

Rene Russo appare la più convincente tra gli attori coinvolti, oltre che ancora molto avvenente, nonostante le ormai consolidate, ma per lei del tutto inverosimili, 65 primavere. Al contraio Gyllerhall appare un po' troppo sopra le righe nell'interpretare l'eccentrico e, per certi versi incorruttibile critico d'arte Marf Vanderwalt. Tra gli altri attori coinvolti, Toni Collette nei panni della tenace ed aggressiva agente Gretchen, spicca per piglio e tenacia, caratteristiche che le fanno meritare una fine da contrappasso oscenamente e sadicamente coreografica, mentre il volto malizioso e ad un bivio indefinibile tra l'inquietante e l'ingenuo di John Malkovich, trova un suo adeguato significato attorno a quel vespaio pronto ad implodere e ad annientarsi.

Il film, strutturato come un thriller molto discorsivo e solo a tratti incalzante, trova il tempo e lo stile opportuno per satireggiare sul mondo eccentrico ed opportunista di quel nuovo modo di concepire e considerare l'arte oggi, e sul come sapere e volere giudicarla: oltre i limiti un tempo invalicabili o non svicolabili del buon e del cattivo gusto, a vantaggio di un sentimento di angoscia che oltrevalica l'opera nel suo complesso, per traferirsi sullo spettatore, punendo coloro che non hanno saputo cogliere, con sacrilegio, le solenni volontà del tormentato, o proprio irrimediabilmente dannato autore.

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