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La 24 ore di Le Mans

Regia di Lee H. Katzin vedi scheda film

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La recensione su La 24 ore di Le Mans

di Dom Cobb
8 stelle

I gusti del pubblico (in senso generale), sia passato che presente, a volte sono insondabili. Difatti mi appare spiacevolmente strano che un film come Le Mans abbia avuto un riscontro inferiore alle attese alla sua uscita in sala. Ancor di più con la presenza di un attore da sempre molto amato come Steve McQueen, qui nel suo momento di maggior visibilità. Non penso che, almeno fino ad oggi, si possa chiedere di più ad un film che può anche essere catalogato come sportivo, ma che preferisco definire d'azione motoristica. Innanzitutto ha avuto una produzione, in senso della durata delle riprese, rapida, in quanto buona parte del girato è stato effettuato durante i due giorni della gara del 1970. Mentre nei giorni successivi il circuito stradale è stato chiuso al traffico per filmare le parti di competizione che vedevano in azione McQueen, più le altre parti recitate. L'attore, da sempre è stato un grande appassionato di motori ed un altrettanto abile pilota, sia a due che a quattro ruote e questo film è stato un progetto curato personalmente dallo stesso McQueen. Per la casa di produzione dell'attore, la Solar Production, il film ha rappresentato un forte investimento, per l'acquisto delle vetture da corsa e la gestione del set sui luoghi reali della competizione, per garantire un realismo maniacale e documentaristico della vicenda. Insomma, Le Mans è un film che denota, nella sua realizzazione, un altissimo professionismo, sia nelle riprese della corsa (con annessa la ricostruzione degli incidenti) che non potevano essere ripetute, sia un certosino lavoro di post-produzione e montaggio per garantire ritmo e dinamicità alla pellicola. Un esempio lampante sono le scene degli incidenti, ripresi al ralenty per esaltarne le dinamiche e per dilatare il tempo, nel più totale ed improvviso silenzio, rotto soltanto dagli schianti delle auto. Lo spettacolare incidente di cui resta vittima Luc Merenda con la sua Ferrari, ma anche la carambola immediatamente successiva dello stesso McQueen (che guida una Gulf-Porsche), sono autentici "pezzi" di ritmo e tensione. I dialoghi sono ridotti all'essenziale, tanto che, per tutto l'incipit del film (fino quasi all'avvio della corsa: altro grande momento di "sospensione" del tempo prima dell'accensione dei motori) a parlare sono solo le immagini ed i volti degli interpreti. McQueen interpreta il pilota Michael Delaney, che l'anno prima era rimasto coinvolto in un incidente mortale per un suo collega di pista e Le Mans rappresenta un "conto in sospeso" con se stesso da affrontare. Lo interpreta con il suo "solito" stile minimalista, fatto di poche parole (ma importanti, come nel caso del dialogo con la vedova dell'altro pilota), di sguardi e di gesti. Un aspetto che mi ha piacevolmente colpito del film è, nel rispetto della verosomiglianza, l'assenza di inutili in­serti sentimentali giusto per "allungare il brodo". Anche un film sulla Formula 1 come Grand Prix, di John Frankenheimer, grande dal punto di vista tecnico e visivo, secondo me perde mordente proprio quando mette in scena le relazioni sentimentali dei piloti, che in un film del genere sono del tutto superflue per l'economia della storia. Colonna sonora anch'essa molto "minimalista", perchè a "cantare" sono i motori. Del resto, non ho mai apprezzato, nelle scene di guida così come negli inseguimenti, le musiche di sottofondo, che, secondo me, "castrano" le potenzialità delle scene stesse. Il già ampiamente citato William Friedkin rimane il massimo rappresentante in questo campo. A costo di ripetermi, ma film odierni come Fast & Furious (anch'esso tirato in ballo altre volte), costruito su un'azione tamarra ed esagerata, avrebbe da imparare da questi gioiellini del passato, ancora molto moderni.   

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