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Una intima convinzione

Regia di Antoine Raimbault vedi scheda film

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La recensione su Una intima convinzione

di laulilla
7 stelle

Un buon film, spiazzante e teso, dagli avvincenti e imprevedibili sviluppi, che testimoniano le ottime doti di un giovane e impegnato regista al suo esordio.

 

Una intima convinzione – che racconta un fatto di cronaca relativamente recente il cui clamore mediatico aveva diviso l’opinione pubblica francese –  pur presentando alcune caratteristiche del Legal Drama, manifesta una certa coinvolgente originalità, perché, rispetto alle convenzioni di genere, si svolge per lo più fuori dalle aule del tribunale, per seguire soprattutto la storia personale di Nora (Marina Foïs), donna semplice, cuoca in un ristorante popolare, madre di famiglia, convinta da sempre dell’assoluta innocenza di un uomo, rispetto alle gravi accuse che gli venivano rivolte.

 

Questo film, infatti, ricostruisce la brutta storia che in Francia aveva gettato ombre e sospetti su Jacques Viguier (Laurent Lucas), tranquillo marito tradito di una donna scomparsa misteriosamente dalla propria abitazione, che aveva dovuto difendersi nelle aule del tribunale dall’accusa di uxoricidio e di occultamento di cadavere.

 

Ne era uscito assolto, in mancanza di prove e anche di cadavere, ma, in seguito a un feroce battage mediatico orchestrato da Olivier Durandier  (Philippe Uchan), amante della donna, un giudice aveva deciso, dopo dieci anni, di riaprire il processo  per chiederne la condanna. I suoi figli, schierati con lui, avevano cercato di salvare, insieme al padre, quel poco che rimaneva della famiglia e si erano rivolti invano agli avvocati più noti perché ne assumessero la difesa: nessuno, purtroppo, voleva pregiudicare la propria carriera per una causa ritenuta, universalmente, persa in partenza.

 

Nora che aveva seguito, come giudice popolare, le udienze del primo processo, aveva maturato la convinzione dell’innocenza di Viguier e aveva indotto l’avvocato riluttante Dupond-Moretti, (Olivier Gourmet), certamente il miglior difensore sulla piazza, ad assumerne la difesa.
Furono infatti le insistenze quasi ossessive di lei a convincerlo: la donna, anteponendo alla propria tranquillità l’esigenza della solidarietà contro un’iniziativa giudiziaria persecutoria, aveva sacrificatoi il proprio tempo libero, gli impegni familiari e qualche amicizia per aiutare, contro ogni ragionevole speranza, Viguier e i suoi figli, Fu ripagata dall’assoluzione, questa volta definitiva, dell’imputato, contro il quale nessuna prova era stata trovata.

 

 

 

Antoine Raimbault, giovane regista di questo lungometraggio (il suo primo), catturato, come molti altri francesi, dal fascino di una storia piena di mistero, aveva seguito dapprima in tribunale, poi attraverso la documentazione, gli sviluppi del processo e aveva deciso di farne un film, mettendo in luce sia gli aspetti umani della vicenda che avrebbe potuto schiacciare per sempre un innocente, sia le contraddizioni della “giustizia” istituzionale, nella quale si riflettono, né può essere diversamente, le convinzioni e i comportamenti – non sempre limpidamente decifrabili – di chi ha il difficile e delicato compito di amministrarla nell’interesse generale.

 

Il dubbio, in casi così complessi, deve costituire perciò la guida morale di ogni giudice,  indipendentemente dalle proprie convinzioni private, per evitare le pericolose e suggestive derive populistiche a cui sembrano indirizzati, invece, senza alcun pudore, i mezzi dell’informazione (o manipolazione?) di massa, facilmente trasformabili in strumenti di consenso politico giustizialista.

 

Ottimo il cast degli attori fra i quali primeggia Olivier Gourmet, vero mattatore del film degnamente affiancato da Marina Foïs.

 




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