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Sexandroide

Regia di Michel Ricaud vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Sexandroide

di undying
5 stelle

Un modestissimo esempio di horror a basso costo girato da un regista di hard francese. Tre episodi ispirati al Teatro del Grand Guignol, caratterizzati da una violenza parossistica e da una dose di erotismo di fatto annichilita dai realistici effetti splatter.

 

Tre episodi ispirati dal celebre teatro del Grand Guignol, interpretati da Daniel Dubois, nei panni di mostro con il volto deforme, impegnato a torturare senza pietà giovani ragazze. Utilizzando il voodoo infierisce da lontano (infilando spilli in un bambolotto) su una maggiorata; quindi aggredisce e sevizia un'altra giovane accanendosi sul suo nudo corpo con la frusta, per poi mutilarla lentamente dopo averla legata a una sedia. Nel terzo episodio, dopo essere stata spogliata e vampirizzata dal defunto durante una veglia funebre, una formosa vedova danza sulle note di un paio di brani musicali di Tina Turner

 

locandina

Sexandroide (1987): locandina

 

"Benvenuti nel tempio dell'orrore e dell'erotismo. State per essere coinvolti in uno spettacolo terrorizzante..." (Voice over)

 

Prodotto destinato all'home video girato da Michel Ricaud, uno sfortunato regista hardcore deceduto a soli 48 anni. Infatti Sexandroide, nonostante porno non lo sia, ha trovato la via della distribuzione nel mercato delle VHS a luci rosse, nei lontani tempi del videonoleggio (fine Anni '80). Possiamo solo immaginare il viso del fruitore di hard, una volta presa coscienza del contenuto! Le penetrazioni, che pure ci sono, non sono certo quelle sessuali.

La sceneggiatura è cosa ovviamente inesistente così come la regia. Resta però un curioso esperimento, girato in estrema economia e con inserimento abusivo (si presume dato il tenore, e visto che non vengono citati nei credits) di brani musicali piuttosto interessanti. Oltre alla sintetica durata (sotto i 60 minuti) è da segnalare l'efficacia degli effetti splatter, girati dal vivo -senza filtri speciali- ed opera della compagnia teatrale Le petit Mescal. Il risultato finale, si avvicina più che mai alla logica dei fumetti porno horror dell'epoca, tipo Oltretomba o Terror, essendo anche in questo caso gli ingredienti fondamentali un nudo anche spinto (la formosa ragazza vittima del rito voodoo spogliata sino all'osso; la danza della vampira che prende tutte le posizioni possibili immaginabili) e una violenza per l'epoca -parliamo del 1987- estremamente fastidiosa e realistica. Ancora oggi viene da chiedersi come siano stati realizzati gli effetti (dal vivo!) degli spilloni nei capezzoli e sul corpo della seconda vittima (legata ad una sedia e torturata a sangue per oltre dieci minuti) o l'effetto del coltello che attraversa il braccio del mostro. Un prodotto di scarsa qualità ma che compensa l'approssimazione (di regia, interpretazioni e di location) con un'intensa vena di eccessivo cattivo gusto. Nonostante il parlato sia ridotto ad una voce che, fuori campo, si inserisce nella colonna sonora di Creepshow (!) mentre la protagonista del secondo episodio scende le scale per andare in cantina, il doppiaggio italiano -limitato ad urla, grida, sospiri e gemiti- penalizza ancora di più il già mediocre livello di realizzazione. Un film ovviamente non per tutti, sul tenore di un Joe D'Amato minore, regista con molte affinità elettive, che forse ha ispirato Michel Ricaud. Lo si capisce dal finale dell'episodio più impressionante, il secondo, con il mostro che si toglie le budella dalla pancia, esattamente come accade in Antropophagus.

 

Curiosità

Il primo brano musicale inserito nel film è il motivo della colonna sonora composta da John Harrison per Creepshow. Lo si può ascoltare quando la ragazza, all'inizio del secondo episodio, scende in cantina. Subito dopo, sempre durante questo segmento, mentre la protagonista fa uno spogliarello subentra The Fall of the house of Usher (Arrival) degli Alan Parsons Project, dall'album Tales of mistery and imagination - Edgar Allan Poe. Mentre, invece, la vampira del terzo episodio mostra le sue forme agitandosi (più che danzando) sulle note di due brani di Tina Turner: What's love got to do with it e I might have been queen.

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