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Il matrimonio del mio migliore amico

Regia di P.J. Hogan vedi scheda film

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La recensione su Il matrimonio del mio migliore amico

di Lehava
6 stelle

 

Il matrimonio del mio migliore amico. Sottotitolo: "l'amicizia fra uomo e donna non esiste". Sottotitolo del sottotitolo: "La vecchiaia ci risarcisce in saggezza" dicono.....

Uscito nel 1997 questo film si rivelò un successo strepitoso al botteghino statunitense. Merito di un script brillante (firmato da Robert Bass) ma soprattutto di un nome altisonante in cartellone: Julia Roberts, fidanzatina d'America, all'apice di carriera e bellezza. Questi titoli, questo "genere" matrimonial/divorzista hanno però di solito il fiato corto. Vivono delle mode del momento, con gli abiti delle damigelle, poi, in pochi anni scompaiono negli armadi. Tirati fuori, al massimo, nei palinsesti televisivi fra Natale e San Valentino: meta prediletta dello zapping di casalinghe annoiate o cinquantenni deluse. Per tutti gli altri essere umani (e anche animali, pesce rosso incluso, di casa) una palla al piede più pesante di quella usata per i carcerati di ottocentesca memoria. Ma, con mia grande sorpresa, questo non è stato il destino del film di Hogan: rivisto un paio di giorni fa, l'ho trovato reggere il tempo - saranno vent'anni a breve - assai meglio di prodotti più blasonati ("Pretty Woman" per esempio, dove, comunque, ci stava un attore capace come Gere). Invecchiato bene, anzi benissimo. Sarà quel succo di limone acido strizzato sulla melassa, sarà l'equilibrio di sapori della sceneggiatura che non sfocia mai nel grottesco o nel volgare ma che non lesina qualche stoccata ai luoghi comuni più efferati (tenendosi però sul politically correct ed evitando qualsiasi deviazione sociale), sarà la regia che tiene elegantemente insieme canzoncine, battibecchi (forse Hogan avrebbe voluto un lavoro più introspettivo: in qualche passaggio si nota un certo disagio, poi ripreso immediatamente e camuffato dietro un'ironia leggera), tempi morti e amalgama con sapienza livelli diversi di interpretazione, di ritmo, di presenza scenica (per intenderci: un abisso divide Rupert Everett da Cameron Diaz. Riuscire a farli stare insieme, ma non troppo, mi pare un mezzo miracolo). Gran movimento di macchina qua e là. Il risultato è una commedia godibile tutta scritta su una protagonista che riesce ad essere nello stesso tempo meschina ed irresistibile, presuntuosa competitiva e fragile, spavalda ed impaurita, amante mancata ed amica. Capace di colpi bassi (e oggi lo so: tutti, in un qualche momento della nostra vita, ci siamo trasformati in cattive persone. Acci se l'abbiamo fatto! In amore ed in guerra tutto è consentito) ma che l'happy end riscatterà pienamente, consentendo allo spettatore (femminile più che altro) l' immedesimazione di rito. A contorno: uno strepitoso Rupert Everett in un personaggio imbastito su di lui, e a cui lui conferisce una fisicità sarcastica che nessun'altro ha, Cameron Diaz meravigliosamente doppiata stomachevole come un marzapane e e Dermot Mulroney che, così compreso in sé, non si capisce se c'è o ci fa (ma nella versione originale ha una voce maschia un po' sporca che dona un certo fascino al figurino). Indimenticabile la colonna sonora che risolve più di un problema tecnico al regista. Farcita di crema pasticcera - dopo un po' non ne puoi più ma appena assaggiata gnam gnam gnam - "I just don't know what to do with myself" (nel karaoke tanto pessimo quanto divertente) "The way you look tonight", "I'll never fall in love again", "I say a little prayer" "If you wanna be happy". Fotografia nitida e con toni sempre luminosi, gran lavoro di parrucchieri e costumisti in un tourbillon d'alta società senza raffinatezza ma con potenti mezzi economici. Egocentrismo, ipocrisia, inganno e falsità si condensano in un finale scontatissimo, ma c'erano dubbi a riguardo?

Nota personale del recensore: la saggia Liz (Taylor), che se lo poteva permettere, aveva proprio ragione: evviva il matrimonio! Se non costasse così caro, bisognerebbe organizzarsene almeno uno ogni cinque anni (e certo che sì, cerimonia, banchetto etc etc etc ... tutto, altrimenti che senso ha?). Che poi, sbagliando si impara e vedi mai che a forza di riprovare uno non ci azzecca qualcosa? No, non vendo confetti o abiti bianchi, scodelline di porcellana o fiori, solo che, lo ammetto, mi piace proprio l'evento. 

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