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Parasite

Regia di Joon-ho Bong vedi scheda film

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La recensione su Parasite

di Furetto60
8 stelle

Piccolo gioiello. girato dal regista coreano Bong. Originale,intrigante e caustico.

Parasite è ambientata ai giorni nostri, in Corea del Sud, In una Seul con evidenti squilibri tra classi,pochi ricchissimi,tanti poverissimi. Il film inizia presentando in modo originale i quattro membri della famiglia, il padre Ki-taek, la madre Chung-sook, il figlio Ki-woo e la figlia Ki-jung, molto affiatati ma indigenti, sbarcano il lunario alla men peggio, grazie al sussidio di disoccupazione e confezionando cartoni per pizza. Abitano in un fatiscente seminterrato a livello strada, dove gli ubriachi si dilettano a orinare all’altezza della loro unica finestra. I due ragazzi fratello e sorella, si affannano con la connessione internet, lamentandosi perché la signora di sopra, in realtà del pianterreno, ha messo una password. Si spostano in bagno dove il wc è installato su una sorta di piano rialzato e dove, accovacciandosi, riescono di nuovo ad avere connessione. A seguire una sgradevole disinfestazione di insetti che penetra dallo schermo-finestra, per invadere il loro piccolo spazio, salutata con entusiasmo dal capo-famiglia, che cosi perlomeno si libera dagli ospiti indesiderati. Un giorno, dopo la visita dell’amico Min-Hyuk, in procinto di partire per continuare gli studi all’estero, Ki.woo viene da lui persuaso a spacciarsi per studente universitario, allo scopo di impartire lezioni d’inglese alla figlia adolescente dei Park, una ricca famiglia, che vive in una villa fantasmagorica, in un quartiere bene su una collinetta, con un ampio e rigoglioso giardino. Il giovane Ki-woo, dopo aver falsificato diploma e identità, diventa il tutor privato dell’erede dei Park, poi prendendoci gusto, riesce con uno stratagemma a fare assumere anche la sorella, come insegnante d’arte del piccolo Da-Song, I due giovani, poi approfittando dell’ingenuità dei Park, con dei geniali raggiri, fanno licenziare prima l’autista e infine la domestica, facendo assumere rispettivamente il padre e la madre, escogitando, piani sempre più ingegnosi, prendono sempre più spazio, insinuandosi sempre di più nella vita dei Park, come dei parassiti. Quando i Park partono per il campeggio i Kim restano soli, a gustarsi la casa e il successo delle loro macchinazioni, possono fare ciò che vogliono e, infatti, trascorrono la giornata bivaccando e ubriacandosi, ma a questo punto, avviene l’imponderabile, la governante licenziata, rientra con il pretesto di recuperare un oggetto dimenticato e si scopre cosi l’esistenza di un altro parassita, che stravolge del tutto i programmi della famiglia Kim, ammesso che ne avessero. Si tratta del marito della vecchia governante, il quale con la complicità della moglie, si era rifugiato nei sotterranei dell’abitazione, sotto la casa per sfuggire ai suoi creditori e viveva ormai lì da anni. Quella che segue è un’escalation di violenza e follia ma soprattutto una guerra tra poveri. Non si racconta altro per evitare spoiler, ma si può anticipare che succede di tutto. La sceneggiatura e la regia sono attentissime ai dettagli, Bong Joon-ho dice testualmente del suo lavoro: “Il racconto di persone comuni alle prese con una inestricabile confusione, una commedia senza clown, una tragedia senza cattivi, dove tutto porta verso un groviglio di violenza e a un tuffo a capofitto giù dalle scale.", i quattro protagonisti che per un po’ s’illudono di aver fatto il salto di qualità “il botto” per cosi dire, sono poveri sia di denaro che di spirito, cinici, e senza particolari valori, un mix di furbizia e scaltrezza, ma poca saggezza e lungimiranza, difatti  non hanno in realtà un piano e vivono alla giornata questo lusso inaspettato. La vita vista attraverso le rispettive finestre è parecchio differente: il caos e il degrado da una parte e il verde giardino pieno di pace, isolato da tutto e tutti, dall’altra, questo dislivello sociale ed economico, che man mano che il minutaggio scorre e che sembra riportare i Kim al punto di partenza, è il vero motore dell’opera, il regista mette in scena, un conflitto di classe, i poveri  vivono in un contesto talmente abbrutito e congestionato, che si fa difficoltà a credere autentico, l’alluvione fa affiorare in tutta la drammaticità, l’invivibilità di quella “casa “ e di quel quartiere, di contro questi ricchi, vivono in una sorta di paradiso terrestre, dove il tempo sembra scorrere con più lentezza, tutto è al suo posto, sobrio, elegante, sembra che nulla possa scalfirlo, il contrasto tra questi mondi è stridente e salta volutamente all’occhio, i Park sono freddi e distanti, mentre i Kim espansivi e affiatati. Il regista non spreca inquadrature, e ogni passaggio è accurato e meticoloso, tecnicamente esemplare, visivamente affascinante. Bong  non si perde in esercizi di stile, va al sodo. Punta sulla critica sociale e la fa con graffiante precisione. Piccola chicca l’utilizzo della canzone di Gianni Morandi “In ginocchio da te”, che Bong non conoscendone il contenuto ha scelto per accompagnare una scena in cui tutti i personaggi sono effettivamente in ginocchio Bong Joon-ho dopo aver ottenuto la Palma d’Oro a Cannes riesce a portarsi a casa quattro oscar. Comincia con toni leggeri, passa poi al thriller, usa, a seguire, un registro drammatico e finendo con lo splatter. Entrambe le case sono state fabbricate all’uopo in un set. La casa dei Park è spaziosa e minimalista: c’è quindi tanto spazio e tanta luce. Al contrario, in quella dei Kim talmente angusta e buia, che sembra quasi che gli occupanti facciano fatica a entrare tutti nella stessa stanza, oltre che nella stessa inquadratura. Ma è nella casa dei Park che si svolge la maggior parte della storia, lo scenografo Lee Ha Jun. Lee ha spiegato di aver «dato priorità ai punti e agli angoli di ripresa» e di averla progettata e poi realizzata partendo dalla sceneggiatura e sapendo già le necessità che Bong avrebbe avuto per certe scene, laddove il regista  predilige molto le inquadrature lunghe, proprio perché gli ampi spazi permettono di seguire quel che succede, girando o muovendo la cinepresa, e quindi senza fare stacchi. Man mano che i Kim riescono con l’inganno a infiltrarsi tra i Park, si potrebbe credere dove il film andrà a parare, non è cosi, la storia vira inaspettatamente prendendo altre strade. Il lavoro è complesso stratificato, intrigante. Gli interpreti sono tutti bravissimi, nessun attore appare fuori ruolo. In particolare spicca il capofamiglia dei Kim, interpretato da Song Kang-ho. Il film è un piccolo gioiello

 

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