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La vita è bella

Regia di Roberto Benigni vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La vita è bella

di stanley kubrick
10 stelle

LA BUGIA DELL'ETERNA VITA

"Niente è più necessario del superfluo" Oscar Wilde

Roberto Benigni è un mattacchione. Toscano, di Castiglion Fiorentino, nato con una comicità pura. Il film in questione è il passo di Benigni verso una maturità interiore che non ha confini. 3 oscar: al miglior attore protagonista (lui, Roberto Benigni), al miglior film straniero (esso, rappresentante la maturità), alla colonna sonora (l'altro, Nicola Piovani). Film importante per l'intera filmografia italiana, una constatazione sulla morte nei campi di concentramento, già "ripassata" da altri registi con tutt'altro tipo di film, una ricerca disperata della famiglia, racchiusa in una cerchia dove non si possono vedere, sentire, amare. I film precedenti del regista toscano erano delle buone commedie, Non Ci Resta Che Piangere su tutti, nota di merito và anche a Johnny Stecchino. La drammaticità stà in ogni dove nella pellicola mischiata ad una comicità, specie nella prima parte, tipica del comico toscano. Ancora una volta accanto alla sua "divinità celestiale" Nicoletta Braschi (per quattro volte diretta prima del film, per due volte diretta dopo il film). Lo sguardo di Nicoletta Braschi è uno dei punti su cui il film si basa. Straziante, triste, maturo, bellissimo. Interpretazione intensissima del bambino prodigio Giorgio Cantarini, prova ingenua, nel vero senso del termine specificato dalle azioni del suo personaggio. Il soggetto e la sceneggiatura del film sono stati curati dallo stesso regista toscano e da Vincenzo Cerami.
E' il fato che coniuga la gente? Una (piccola) conferma sta nella pellicola in questione. L'incontro tra Guido Orefice, ebreo, e Dora è veramente di una casualità che, alla lunga, diventa quasi divertente. Già da quelle uova, prese in prestito da Guido, simboleggianti le volte che si incontrano prima di innamorarsi definitivamente. Le uova che si andranno a infrangere nella testa del promesso sposo di Dora. Anche questo, a deciderlo, è il destino? La genialità di Benigni stà proprio nel dare valore alle piccole cose per poi trasformarle in qualcosa di magico. Il piccolo sta per il grande come il grande sta per il piccolo. Il meccanismo presente nel film si incastra alla perfezione con le vicissitudini pre-matrimoniali tra i due promessi sposi. Magari quel casolare, disperso nelle colline brulicanti di insetti tipiche della toscana, era il simbolo della povertà, del dolore che caratterizzerà l'ultimo tratto di vita della famiglia che sarà composta nel futuro, dopo il matrimonio. E quelle vespe che hanno punto le gambe delicate di Dora, cascata nel frattempo tra le braccia di Guido, sono il simbolo dell'eterno amore. Bensì, quei fastidiosi animaletti che pungono nel film sono una piccola parte dei buoni. Una conferma ce la dà quel breve succhiamento di Guido nella gamba di Dora. Sputare via veleno, elemento che contrappone la vita e la morte. Eppure è proprio il veleno che farà incontrare i due piccioncini. Stavolta non credo che sia proprio il fato.
Il colpo di genio più azzeccato presente nella pellicola sono i trucchi "magici" di Guido per conquistare Dora. Piccoli avvenimenti che succedono in centro tra cittadini mischiati a cappelli "con dentro un coniglio". Quest'ultimo è il vero gioco di Guido. Non è un ladro, sia chiaro. Erano tempi bui e molto duri a quel tempo e cappelli nuovi era meglio di cappelli vecchi. Lo sfortunato a cui viene rubato il cappello è il proprietario di un negozio di antiquariato. Le gag del cappello sono forse le migliori e quelle più comiche dell'intera pellicola. La chiave di Maria, a cui Guido assiste per ben due volte. La chiave della porta dell'amore, del cuore e dei sentimenti. Una porta senza serratura che viene "disturbata" da una chiave che vuole entrare a tutti i costi. Figure metaforiche che si sovrappongono alla distruzione degli elementi creativi presente nella prima parte del film che fanno riferimento a una specie di prologo per la seconda, straziante, parte che compone questo enorme capolavoro Italiano, uno dei migliori film Italiani degli ultimi 15 anni.
La diversità della razza ovvero la frammentazione dei pensieri felici di quelli che subiscono. Ai tempi della Seconda Guerra Mondiale l'essere ebrei comprometteva la tua vita e quella dei tuoi cari. L'anima andava incontro all'oscurità più totale mischiata all'orribile vista dei campi di concentramento. Quando ti pitturano il cavallo bianco di tuo zio con scritto "Achtung!! Cavallo Ebreo" (tradotto in "Attenzione!! Cavallo Ebreo) e te ci monti sopra per rapire il cuore definitivamente di una ragazza bellissima a cui gli hanno appena chiesto "Mi vuoi sposare?" simboleggia la strafottenza di Guido verso tutti. Non ci devono essere distinzioni razziali tra nessuna religione. Guido porta avanti questa tesi in modo continuo. Tutti gli invitati alla festa di fidanzamento tra Dora e "l'uomo delle uova" sono stupiti dal coraggio, dalla determinazione di Guido per due veri motivi. 1) Di mostrarsi in pubblico con un cavallo ebreo e per giunta anche lui stesso è ebreo: 2) Di conquistare definitivamente il cuore di Dora proprio alla sua festa di fidanzamento.
La figura di Hitler non si vede mai e questo è un pregio per il proseguio della trama della pellicola. Quella figura con i baffi neri come la morte, pallido come la luna assorta nel buio della notte, determinato a dare una figura positiva del suo Io, che alla fine risulta una figura totalmente negativa. Cattivo, spietato è forse la figura più conosciuta del ventesimo secolo per la sua cattiveria nel compiere le cose. Nel film non si accenna nemmeno a una sua possibile presenza, alla sua voce, alle sue azioni. Le uniche parole tedesche che ci risuonano nella mente sono quelle dei soldati tedeschi, specie nella scena della traduzione di Guido dal tedesco all'italiano. L'inventarsi le parole per creare nel figlio una vita il più possibile attinente alla felicità. Infatti, per tutto il tempo che Guido e Giosuè (chissà se Benigni si sia ispirato alle poesie dell'amico presente nella prima parte per dare il nome al figlio nel film, Giosuè potrebbe stare per Giosuè Carducci, il poeta che celebrava i grandi ideali di giustizia e libertà proponendosi come guida moarle della nazione, potrebbe essere un'idea) sono nel campo di concentramento tedesco, il padre continua a dire bugie al figlio. Che tutto questo è un gioco, che bisogna guadagnare punti e arrivare alla soglia del mille per vincere un carro armato, che tutti i concorrenti cercano di vincere il primo premio e che loro devono vincere ad ogni costo. Sono bugie che costano care alla vita di Guido, stroncata da un tedesco mentre cercava di salvare sua moglie da una partenza imminente per le truppe tedesche, note del fatto che gli americani stavano arrivando. Ma questa bugia serve al figlio per mantenersi in vita, per sperare nella vittoria del carro armato. Nel futuro, però, non potrà mai ringraziare suo padre. Il padre di tutte le vittorie. E non potrà nemmeno rimproverarlo per non avergli detto la verità dato che è morto per ultimo, lui, che aveva dato più di tutti, che era, semplicemente, il migliore dell'intero campo di concentramento.
La delusione e l'amore dentro il campo di concentramento si contrappongono una volta mentre si intendono per tutta la seconda parte del film. La prima è data dal dottore specializzato in indovinelli che aveva conosciuto nella prima parte del film, conosciuto grazie al lavoro di Guido come cameriere nel ristorante di suo zio (che in seguito aprirà anche una libreria). Nella prima parte della pellicola il dottore dice a Guido di considerarlo un genio dato la sua velocissima capacità di azzeccare un indovinello. Nella seconda parte arriva la delusione. Non tanto perchè è dentro il campo di concentramento come alleato di tedeschi ma tanto perchè, invece di aiutarlo in una fuga dal campo di concentramento, gli propone solo un indovinello. L'amicizia che non dura a lungo viene perfettamente incatenata in questo avvenimento tra Guido e il dottore tedesco. Mentre l'amore dentro il campo di concentramento non è niente per Guido. Non può toccare la sua Dora, non può fare l'amore con lei (bellissima la scena nella prima parte del film, subito dopo il rapimento di Guido sul cavallo, quando vanno insieme nella serra piena di fiori, simboleggianti la nascita, e, nella scena dopo, si vede loro figlio che esce dal nulla con una macchinina, simboleggiante gli avvenimenti che succederanno di lì a poco). Inoltre Dora ha dimostrato grande amore verso la famiglia, andando con gli altri nel campo di concentramento, nonostante non fosse ebrea, soltanto per sentire, anche senza vedere, il sussurro delle parole incoraggianti di Guido e del figlio al microfono del campo di concentramento. I simboli sono il vero centro del film e rappresentano qualche punticino in più nel terz'ultimo film di Benigni (a ora che sto scrivendo).
Insomma, per concludere, il film è veramente bello, in tutti i sensi e termini, dal toccante al comico, dallo straziante al coraggioso. Benigni farà le magie solo nel suo film precedente, sempre insieme alla sua eterna amata, Pinocchio. Ma non sono le magie tipo chiavi o cappelli. Di sensazionale c'è solo quella camminata a mò di presa di giro fatta da Guido in ogni dove, nella pellicola in questione. E questo ci piace.
Benigni disse, alla cerimonia di premiazione dell'oscar: "Vorrei ringraziare i miei genitori a Vergaio un piccolo paese in Italia, grazie mamma e babbo. Loro mi hanno dato il regalo più grande: la povertà; e li voglio ringraziare per il resto della mia vita."
E' una bugia anche questa?

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