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Regalo di Natale

Regia di Pupi Avati vedi scheda film

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La recensione su Regalo di Natale

di Furetto60
9 stelle

Il migliore film di Pupi Avati. Autentica e rara perla cinematografica

Regalo di Natale”, il capolavoro di Pupi Avati, ha il suo incipit in una voce fuori campo, che ci racconta l’amicizia tra Ugo alias Cavina e Franco, alias Abatantuono, con un magnifico sottofondo musicale di pianoforte e con delle suggestive sequenze in bianco e nero, che ci riportano alla giovinezza dei due, che grazie alle prime battute “voice over”, veniamo a sapere essere una volta inseparabili. “Erano amici il giorno e la notte rincorrevano le stesse ragazze”. Le ragazze, appunto, pomo della discordia, una in particolare Martina, che Ugo sedusse per gioco, soffiandola a Franco che ne era già il marito, che invece di lei era innamoratissimo. Siamo alla vigilia di Natale e oltre a Ugo e a Franco ci sono Lele, alias Haber e Stefano alias Eastman. Hanno deciso di rivedersi per una strana rimpatriata. In una villa di conoscenti di Stefano, organizzano una partita di poker, cui è stato invitato un danaroso e misterioso industriale, l'avvocato Antonio Santelia, che dovrebbe essere nei loro dichiarati intenti, il pollo da spennare. Gabriele o Lele, è un tipo dimesso ed impacciato, un perdente nato, aspirante giornalista, bistrattato dai superiori e pagato una miseria, costretto a scrivere articoletti di poca importanza, senza famiglia. Ugo, separato dalla moglie con quattro figli, dei quali non gli importa niente e che ricambiano la sua indifferenza, è uno sfigato venditore di articoli per la casa e lavora per una televisione privata. Stefano è un istruttore di ginnastica, piacente, non sposato, in odore di omosessualità. Franco, coniugato con la seconda moglie Adriana, poco innamorato e con due figli, è proprietario di un grande cinema di Milano,ma è sull'orlo del fallimento, oppresso dai creditori. L'avvocato Santelia, con la mania del gioco sembra un professionista deciso, sicuro di sé, freddo, sempre a caccia di belle donne. Intanto il tavolo è pronto e la partita deve cominciare. Si staccano gli assegni e si inizia a giocare. L’atmosfera si riscalda subito e la posta in palio diventa sempre più alta. Franco sembra avere una fortuna sfacciata, vince di continuo, Stefano e Gabriele si defilano, Ugo non ingrana e l’Avvocato perde sempre con assoluta indifferenza, immediatamente si profilano i due veri antagonisti, Santelia e Franco Mentre la partita procede, Pupi Avati ci mostra i flashback dei due ex migliori amici e di quella ragazza che li mise contro. Gli sguardi tra i due hanno ancora dentro tanto livore e rancore. Franco ripensa a Martina, semplice ed ingenua, al suo rapporto con lei che lo rimproverava sempre per il suo vizio del gioco,poi l’amarezza quando Ugo è entrato nella loro vita, per rovinare tutto. La partita protrattasi per l’intera nottata, pare finalmente volgere al termine, Franco ha vinto parecchio e con quei soldi potrebbe evitare il tracollo finanziario, ma l’Avvocato, con una giocata geniale e a sorpresa, mette in ginocchio Franco. Santelia lancia l'ultima sfida: 250 milioni di lire. Gabriele, gli grida di andarsene . Per tutta la serata l’Avvocato aveva fatto credere di essere un incapace perdente, invece ora tiene il coltello dalla parte del manico. A questo punto , arriva una proposta sorprendente: “non sa che soddisfazione mi ha dato vederla battuta. Lei ora può andarsene senza dovermi nulla, è un bellissimo regalo che voglio farle in questa notte di Natale”. Essendo il vincente, nessuno avrebbe nulla da ridire. “L’unica cosa che le chiedo è che lei non saprà mai con quale punto l’ho sfidata a giocarsi 250 milioni, è l’unica condizione che le ho posto e mi sembra un dettaglio trascurabile”. L'istinto autoditruttivo, del giocatore d’azzardo di Franco, è però più forte di qualsiasi logico ragionamento: “va bene, vedo i suoi 250 milioni”. Un bel poker di donne che in un attimo lo stronca. È poco dopo che capisce che Ugo, l’ha tradito per la seconda volta, Poi ognuno se ne torna per la propria strada. Stefano e Lele vanno via insieme, mentre Ugo accetta un assegno da Santelia, baro di professione che gli dà la percentuale pattuita negli accordi. Franco va via sconvolto sia per la débâcle finanziaria, che per quella umana. Film amaro e cinico che lascia come strascico una sensazione di spiazzante angoscia, quasi di incredulità, la stessa che compare sul volto di alcuni dei protagonisti . Carlo Delle Piane è una mummia imperturbabile, la sceneggiatura perfetta, in una storia che non ha una sbavatura, in cui non c’è una battuta fuori posto. Anche l’utilizzo delle telecamera è geniale, non c’è un’inquadratura superflua, tutto è strumentale a far salire la tensione, che si respira al tavolo da gioco. La macchina da presa indugia sui visi e scruta gli sguardi. Le riprese sono alternate, a volte dal centro del tavolo a giro sui primi piani ed a volte dall’esterno, da dietro le sagome degli attori, come a voler invitare lo spettatore a guardare le loro carte e a carpire qualche indizio dalle espressioni dei volti. I continui flashback, che tratteggiano i momenti cruciali della partita di poker, fanno venire a galla attraverso i numerosi tuffi nel passato, le loro paure, le loro debolezze, i peccati e le ambizioni. In quei fatidici attimi di indecisione, affiorano le tristi memorie, come per dare slancio e consentire loro di affrontare le prove difficili del momento. Un film che orbita talmente  attorno ai due personaggi principali, alle loro personalità ed alla loro storia, che tutti gli altri finiscono in ombra, sembrano sbiadire, per diventare solo un rarefatto sfondo. Una partita di poker, metafora della vita: per alcuni l’arma di rivalsa attesa per anni, per altri l’occasione per dimostrare di essere il migliore. Al tavolo da gioco, le  personalità vengono fuori, si scoprono i codardi, i vigliacchi e i deboli, come si riconoscono i forti, i duri, quelli tenaci che non mollano e poi gli infidi, maschere ipocrite, bifronte, insomma uno spietato e fedele specchio della realtà, una fauna umana animata da miserie e piccinerie, inganni e meschinità. Su quel maledetto panno verde, questi uomini versano le loro ambizioni, le disperazioni, le frustrazioni, tutto il corollario di sentimenti umani, quelli peggiori, tutte le carte che la nostra esistenza ci porge, ci sarà chi bleffa, chi imbroglia, chi perde e chi vince, come nella vita. Regalo di Natale è un magnifico caleidoscopio di emozioni, bugie, di finte e controfinte, che emetterà un triste verdetto: l’amicizia non esiste. L’atmosfera natalizia, fa ironicamente da contraltare alla meschinità di uomini rancorosi ed egoisti, rendendo questa storia dal sapore amaro, davvero unica, anche grazie alla straripante bravura degli attori, tutti ispirati, in un film diventato cult. Di certo con Regalo di Natale Pupi Avati ha raggiunto la sua vetta artistica, ha scoperto il grande talento drammatico di Diego Abatantuono, affrancandolo dal ruolo ormai logoro del “terrunciello” Nastro d’Argento per Migliore Attore non protagonista nel 1987, poi ha confermato l’immenso talento del compianto Carlo Delle Piane in un ruolo difficile e per il quale ha vinto il Premio per il Migliore Attore al Festival di Venezia nel 1986.

 

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