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Joker

Regia di Todd Phillips vedi scheda film

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La recensione su Joker

di SamP21
8 stelle

Uno degli eventi cinematografici di questo bellissimo 2019, che è stato un anno ricco di grandi film e di novità, è Joker! Un omaggio al cinema anni Settanta, ma soprattutto un cinecomic che si pone in maniera diversa verso lo spettatore e riflette, almeno in parte, sulla società. Joker ha vinto il Leone d’oro all’ultima Mostra del Cinema di Venezia.

 

La trama in breve

Arthur Fleck vive con l’anziana madre in un palazzone fatiscente e sbarca il lunario facendo pubblicità per la strada travestito da clown, in attesa di avere il giusto materiale per realizzare il desiderio di diventare un comico. La sua vita però è una tragedia: ignorato, calpestato, bullizzato, preso in giro da chiunque, ha sviluppato un tic nervoso che lo fa ridere a sproposito incontrollabilmente, rendendolo inquietante e allontanando ulteriormente da lui ogni possibile relazione sociale. Ma un giorno Arthur non ce la fa più e reagisce violentemente, pistola alla mano. Mentre la polizia di Gotham City dà la caccia al clown killer, la popolazione lo elegge a eroe metropolitano, simbolo della rivolta degli oppressi contro l’arroganza dei ricchi.

 

Il passaggio di Philips dalla trilogia di Una notte da leoni a questo Joker, potrebbe essere lo stesso che ha portato Adam Mckay dal dirigere Anchorman a le sue ultime due, gigantesche, produzioni La grande scommessa e Vice.

In questa sua scorribanda pop Philips riesce mirabilmente in un’impresa, avendo carta bianca dalla Warner, ci introduce al mondo di questo Villan che ha segnato intere generazioni, ci spiega, almeno in parte, il suo sviluppo e soprattutto lascia a Joker tutto lo spazio che lo schermo può occupare, non c’è Batman, non ci sono eroi positivi, è Joker contro la società; il regista ci porta in una Gotham che sembra molto la New York anni Settanta: sporca e cattiva.

 

Il film parte da un base solidissima, cita Taxi Driver e Re per una notte, da cui riprende alcuni aspetti, li fa suoi e li incorpora nel cinefumetto. Fin da subito entriamo in empatia con questo reietto, disgraziato ed umiliato, questo disadattato che la società ha reso e rende sempre più tale.

 

Il film affonda le sue radici nella storia delle metropoli del Novecento, che prima la letteratura e poi soprattutto il cinema hanno raccontato, ci mostra la discendente parabola di alienazione, mentale e fisica, di questo clown buono che diventa cattivo. Con eleganza e immagini di una forza incredibile, il regista costruisce, insieme al suo sceneggiatore, le basi della creazione di un mostro; un mostro inventato, fagocitato e liberato dalla società.

 

Arthur è stato prima un bambino abusato, poi un adulto emarginato, bullizzato, in un contesto sporco e abbandonato che, a forza di calci e botte, ha strappato umanità alla sua risata e al suo modo di interagire.

 

Arthur viene minato fin da subito, nella sua mente, nella sua sessualità e nel suo corpo, questo corpo magrissimo, scheletrico, quasi invisibile, come del resto si vede lui per gran parte della sua esistenza, prima della definitiva trasformazione; non ha una vita sociale, il suo unico amico lo tradisce e il resto della sua vita è solo fantasia. Fantastica di conoscere la vicina, fantastica di andare in tv, ma una sera, provocato per l’ennesima volta, trasformerà definitivamente il suo sorriso in ghigno malefico.

Questa di Philips è un’altissima riflessione cinematografica sulla nostra società, sull’impossibilità di essere candidi in tutti i contesti sociali; è un attacco riuscitissimo a questa nostra società che crea disuguaglianze tali da permettere l’annichilimento totale e la nascita di veri e propri mostri. Allo stesso tempo, nello stesso anno in cui Tarantino realizza il suo inno alla grandezza del cinema, questo Joker ci mostra come il cinema possa inventare e re-inventare storie già viste, ampliandole e mostrandoci sempre lati nuovi della società e della narrazione.

 

In questo spettacolo Pop non c’è spazio per Batman, per il suo giustizialismo, per la sua violenza benefica, il protagonista è solo, è un disadattato che per difendersi scopre la sua vena malefica e innesca, quasi involontariamente, una sommossa nella finta ma brutale Gotham, governata dalla famiglia Wayne.

 

Le immagini di questo Joker sono grandi, imponenti, come le idee del film; un cinecomic autoriale eppure riuscitissimo sotto ogni punto di vista: la fotografia, la regia, la colonna sonora, la direzione degli attori, le scenografie anni Settanta, i colori di una città spettrale ma assolutamente affascinante e poi, ovviamente, c’è la prova di Phoenix.

J

ack Nicholson prima, Heath Ledger poi, sono stati i due grandi Joker che hanno segnato il loro segmento di cinema. Nicholson più gigioneggiante, burlone, eppure magnifico, Ledger più vibrante, violento, subdolo, uno dei cattivi degli anni duemila; Phoenix porta la maschera di Joker oltre il già visto, prende in prestito molto dal suo personaggio di The Master e lo trasporta a Gotham.

 

L’attore modifica corpo ed espressioni fino a trasformarsi in tutto e per tutto in questa maschera affascinante, a volte divertente, malinconia, disperata e alla fine violentissima. Con questa prova l’attore di San Juan vincerà finalmente il Premio Oscar, che avrebbe già meritato per altri film, e il cerchio sarà chiuso. Anche la prova di De Niro è notevole, in un anno che lo vede protagonista, grazie alla sua collaborazione, l’ultima risaliva al 1995, con Scorsese.

 

La regia, sempre ispirata dal lume di Scorsese, è magnifica nelle scene di violenza; il film colpisce per i suoi colori, i rallenty e soprattutto per lo sguardo di Joker, paralizzante!

 

Le scene in cui Phoenix balla, con questo corpo prima racchiuso su sé stesso e poi finalmente libero di esprimersi, seppure verso il male, le rivolte per strada e soprattutto la scena nello studio, segnano il film e l’immaginario dello spettatore che esce dalla sala con l’impressione di aver assistito a qualcosa di nuovo, con lo sguardo pieno dell’espressività di Phoenix e nelle orecchie la bellissima That’s Life di Frank Sinatra.

 

 

(Scritta all'uscita del film in sala)

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