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Joker

Regia di Todd Phillips vedi scheda film

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La recensione su Joker

di Ascasubi
8 stelle

Gotham City sembra una crasi insapore tra San Francisco e Chicago: tra faticosi sali e scendi e rumorosi cigolii della metropolitana, questa città pare non volere eccellere in nulla neppure laddove dovrebbe primeggiare, ovverosia nello squallore. Qui nulla deve condurre al sublime, perché la notte è uguale al giorno; perché nessun edificio supera la spigolosità di una forma squadrata; così come le auto, bloccate in un passato del tutto privo di eccessi stilistici, di pinne, di cromature, di reminiscenze barocche o gotiche. Eppure da qui, dove tutto - e non solo i colori - vira verso il grigio, nessuno distoglie gli occhi da ciò che gli appare intorno. Gotham parla solo di Gotham, come se la città fosse infinita e non ci fosse nulla oltre. Al pari dei più efficaci deliri di Ballard, da questo incubo di cemento non si può evadere, nemmeno idealmente.

In questo contesto suscitare buonumore rappresenta una sfida persa in partenza, ma Arthur Fleck (Joaquin Phoenix) non è un personaggio romanticamente incompreso e perciò preso a schiaffi dalla sorte e dal mondo: semplicemente vive su un’altra frequenza, una dimensione distante anni luce da qualsiasi forma di sorriso. In lui nessun lampo di arguzia, nessuna forma spassosa o crudele di autoironia, solo la consapevolezza della sua malattia mentale che va tenuta a bada con dosi sempre più massicce di psicofarmaci. Una risata isterica ed inquietante non può far di lui un clown; truccarsi da pagliaccio è una forma di pacata maestria da esibire solo a se stesso, ma poi rimane una maschera tenue e precaria alla mercé del sudore, della pioggia, delle lacrime e del sangue. Arthur lavora per un’agenzia incrociando le sue sorti con altri pagliacci, ovversia con altri perdenti. Un giorno, dopo un’aggressione, riceve un’arma da fuoco da un suo collega, uno strumento di difesa che in realtà diviene un trampolino per il baratro.Senza medicinali, senza il conforto della madre, una volta perso il lavoro non gli rimane altro che il rancore ed un successo da giustiziere che solo una città stanca, rancorosa e priva di ideali può tributargli. Joker è solo un nome attribuitogli per scherno da Murray Franklin (Robert De Niro) re per molte notti di un talk show televisivo che sarà anche teatro dell’ultima performance dello stesso Fleck.

 

Un velo di disperato realismo cala su di un universo fantastico come se il mito fumettistico dark dovesse crescere abbandonando tutti i suoi balocchi.

La magistrale interpretazione di Joaquin Phoenix è figlia di questo presupposto, questo Joker trascende tutti gli altri rendendo qualsiasi confronto o graduatoria inutili e velleitari. Con disinvoltura l’attore americano ci fa accomodare sulla sua giostra che ci trasporta lentamente nell’abisso della sua solitudine tra le piccole miserie di un uomo che tenta di nascondersi sotto una maschera di falsa ilarità. C’è la rabbia, ma ci sono anche gli imbarazzi, le fantasticherie, quelle di un uomo che può - al pari degli altri - innamorarsi o credere di avere carpito piccoli tesori su un diario sgualcito. Ma alla fine è la maschera di Joker a prendere il sopravvento impossessandosi di una leggenda che il piccolissimo Fleck può accendere ma, al contempo, solo sfiorare.

 

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