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Joker

Regia di Todd Phillips vedi scheda film

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GIMON 82

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La recensione su Joker

di GIMON 82
9 stelle

Diario dell'alienazione urbana, genesi vitale di un cattivo da annali "cult"....Joaquin Phoenix si mangia letteralmente Nicholson e il compianto Ledger al servizio di una storia impregnata di dolore,solitudine e violenza...Un film che cita e ricita Scorsese,Lumet e udite udite Charlie Chaplin...da ricordare..

Un villain dal ghigno dipinto,  psicotico e violento antieroe all'inchiostro: "signore e signori, diamo il benvenuto a Joker!!!"

 

Ma chi è davvero costui? Un ex perdente? Un criminale? Uno psicopatico che pratica il gusto della violenza? Ce lo dice questo film, una sorta di genesi dichiarata del nemico pubblico di Gotham City.

Accantonati i triviali bamboccioni delle "Notti da Leoni" , Todd Phillips si ricicla come "autore" impegnato, mettendo in scena il disagio psichico e urbano vissuto da un perdente nato.

Ma prima di tutto concentriamoci sul corpo del suo Joker, emaciato e sfibrato nell'anima, appare come un relitto urbano, relegato ai margini del sociale.Artur Fleck alias futuro Joker è l'incarnazione del disagio mentale, di un mondo ai confini della razionalità. 

È da ammettere comunque che il corpo di Artur ed il suo incedere dinoccolato creano inquietudine in noi spettatori.Tutto questo per un alchimia tra personaggio e attore che qui rasenta un ossessiva maniacalità.

È inutile stare a rimarcare le lodi di un attore straordinario come Joaquin Phoenix, che qui crea un "mostro" inizialmente dal cuore candido.È imperiale la sua performance, mimetiche le sue movenze, per un personaggio destinato ad entrare di diritto nella storia del cinema.Phoenix si mangia letteralmente il film, sbattendoci in faccia una psicosi urbana che rasenta il delirio.

Osteggiato e bullizzato dalla genia yuppies Artur é il sottoprodotto di una società cinica e violenta che in fondo appartiene a noi.

Ricreando atmosfere da cinema seventies Todd Phillips ricrea nel suo "Joker" un aurea di molteplice cinefilia.

Tra motti e atmosfere Scorsesiane, Artur si muove come un moderno Travis Bickle alla ricerca di "calore umano".

Lui è nato per "donare il sorriso" ,ma è affetto da una sorta di risata che viene dalle viscere, sorda e addolorata come il suo viso.

La regia di Philipps è impregnata di atmosfere malsane, riconducibili ad ambienti suburbani e degradati.Il suo passo al cinema "autoriale" convince quasi del tutto, nonostante la storia del suo Joker non aggiunga nulla di nuovo ai film già visti sulle turbe mentali di futuri criminali.E' chiaro che vi è il tentativo di strizzare l'occhio al grande pubblico, nell'empatia con un antieroe alla "Taxi driver" di cui ci sono i continui rimandi.Il Joker odierno è dunque un personaggio che dialoga con le masse e questo il regista lo sa bene, tutto ciò toglie però quella forza espressiva tipica del disagio da cinema anni 70 che qui si è voluto ricreare, se  ciò riesce è merito del protagonista, anche se le scenografie e la fotografia assolvono benissimo il compito di trasportarci nell'epoca post-Vietnam e oltre.Il mio giudizio è però condizionato dalla struttura complessiva della pellicola e dall'incedere tragico di un attore che con buona pace del nostro Marinelli meritava la Coppa Volpi,ma credo che si rifarà agli Oscar. Ritornando al film Todd Philipps 

da ex regista di commedie mette in scena un delirio teatrale, un epos tragico in cui Artur è una sorta di "commediante".

 

È tra tragedia e commedia che vive Artur, ripetendolo quasi ossessivamente come un mantra, tra la passività degli altri che lo maltrattano e la strana morbosità nel rapporto con la madre malata di nervi.

Lo snodo cruciale della pellicola è in questo complesso edipico, che inizialmente lavora sottotraccia per poi esplodere nell'ultima mezz'ora. Il futuro duello con Bruce Waine/Batman comincia da qui, in pochi e tumultuosi scampoli dove il nostro futuro Joker incontra il piccolo Bruce e il "trumpiano" papà Waine.

Credo però che lo scopo filmico non fosse rappresentare l' ennesimo segmento del cinecomic, ma più che altro rafforzare delle tesi revisioniste sul perché della malattia mentale del Joker.

È meglio però non svelare nulla su una trama articolata in modo semplice e lineare, improntata su spiazzanti colpi di scena.

Il nostro Artur dovrà vedersela non solo col mondo esterno, ma dovrà lottare coi suoi demoni, con i deliri che lo portano ad appuntamenti romantici con la sua dirimpettaia, oppure lo trasporteranno dall'istrionico presentatore Murray Franklin, un Robert De Niro d'annata che rifà il verso al contrario del suo storico "Re per una notte".

Di mezzo a tutto ciò scorre la violenza di una natura umana esasperata dal mondo d'oggi, fottuta ormai dal cinismo e l'ambizione dove il novello Joker si eleva a paladino degli infelici e sfigati.

Un opera che parla al nostro cuore creando una strana empatia per un personaggio rinnegato dal mondo, un disagio che sentiamo sottopelle e ci portiamo sempre dietro.

Un merito non da poco questo , di cui va dato atto ad una performance attoriale prepotente che sorregge e riempie delle lacune filmiche dovute forse all'inesperienza del regista in temi così profondi.

Resta comunque la sensazione di aver assistito ad uno spettacolo teatrale dove non esiste eroismo, ma solo dolore e disagio, manifestati nelle maschere di Joker indossate dalla popolazione di Gotham.

Una pellicola senza dubbio attuale nelle tematiche ,che ricalca la cinefilia di un regista che qui mastica tra Chaplin e Sidney Lumet  di "Quinto potere", attraverso la maschera triste di un Clown rigettato da un mondo che egli voleva solo amare...

 

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