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Gli anni amari

Regia di Andrea Adriatico vedi scheda film

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La recensione su Gli anni amari

di gaiart
7 stelle

"Nella vita contano solo due cose: il savoir faire e le perle". Sia Mario che Maria le avevano entrambe. "Il risveglio del faraone" doveva essere il titolo del rocambolesco romanzo autobiografico di questo eccelso protagonista della coscienza di genere ante litteram, che ahimè, non venne mai pubblicato e anzi fu bruciato dalla sua famiglia. Rebus

"Nella vita contano solo due cose: il savoir faire e le perle". Sia Mario che Maria le avevano entrambe.


"Il risveglio del faraone" doveva essere il titolo del rocambolesco romanzo autobiografico di questo eccelso protagonista della coscienza di genere ante litteram, che ahimè, non venne mai pubblicato e anzi fu bruciato dalla sua famiglia.

Rebus androgino, reincarnazione di un faraone egizio, filosofo assai colto, donna affascinante ed elegantissima, cervello in continua ricerca, l'anima piena, doppia di Mario/a Mieli, morto/a suicida a 30 anni ne aveva di cose da dire. Fare. Insegnare. Trasmettere. E come tutti i geni: osteggiata, dileggiata, isolata.
Mai banale, sofisticata, con una dolcezza fuori dal terreno, attrice, attivista, pensatore, seduttore, seduttrice, erotica, l'iconoclasta Mario, che preferiva essere chiamata Maria, in quell'attitudine dei grandi ad essere duali e dicotomici, ha contribuito a distruggere tutti i preconcetti sui gay, lottando per formare quella prima identità di genere e comunità LGBT che oggi ha acquisito maggiori diritti e tutele, anche grazie alle sue pacifiche, intelligenti lotte. Non classificabili. Rebus androgino di fuoco, 5 o 6 secoli fa sarebbe stato un grande alchimista, l'intenso film Gli anni amari certifica alcuni momenti della vita personale e pubblica di Mario Mieli, in un giovane eccellente Nicola Di Benedetto che regge tutto da solo, molto somigliante e assai naturale. Nato nel 1952 a Milano e morto tragicamente suicida nel 1983, Mario fu intellettuale, scrittore, attivista, performer, provocatore, ma soprattutto pensatore e innovatore dimenticato. Figlio di un imprenditore serico del comasco, penultimo di sette figli di discendenza egiziana ebrea, vive una vita intera in conflitto con il padre Walter (Antonio Catania) e la madre Liderica (Sandra Ceccarelli). Oltre che la diversità a tutti i livelli, incarnandone il prototipi. "Incompreso" come quello di Comencini. Ma per altri motivi, nella famiglia e negli affetti. Troppo avanti, troppo colto, troppo elegante, troppo solo. Un troppo che disturba, infastidisce perchè rende inadeguati e stupidi tutti gli altri; adombrandoli con la sua bellezza, eleganza. E savoir faire appunto! Diretto e sceneggiato da Andrea Adriatico con Grazia Verasani e Stefano Casi, Gli anni amari ripercorre la vita e i luoghi di Mario Mieli, attivista, intellettuale e artista di grande rilievo nell'Italia degli anni Settanta, tra i fondatori del movimento omosessuale nostrano.
Ottime le scenografie, i costumi di Andrea Barberini e Giovanni Santecchia. La pellicola è girata con interni straordinari, scorci, visioni capovolte, scale, mobili e quadri di quegli anni 70, scelti con cura maniacaleche a volte per le inquadrature sui soggetti ne rafforzano le tematiche. Come ad esempio nel quadro della fine, in cui un giovane è morente a testa in giù, rievocando la realtà del protagonista, appeso appunto e suicida.
Il tutto assume forza e visione anche grazie al contributo di una grande fotografia di Gianmarco Rossetti, che segue i passi di un'adolescenza difficile al Parini di Milano. Poi la gioventù e la vita notturna sfrenata nella "Fossa dei Leoni" a parco Sempione e nei locali gay milanesi, quando ancora omosessualità era sinonimo di disturbo mentale; il viaggio a Londra e l'incontro fondamentale con l’attivismo inglese del Gay Liberation Front; il ritorno in patria e l'adesione al Fuori!, prima associazione del movimento di liberazione omosessuale italiano, e poi la fondazione dei Collettivi Omosessuali Milanesi; la pubblicazione del saggio Elementi di critica omosessuale; la popolarità mediatica, ma anche le turbe mentali.
Mario è protagonista assoluto. Con lui gravitano nomi e volti di amici e compagni che hanno contribuito a cambiare la storia: Corrado Levi (architetto, docente, artista), Piero Fassoni (pittore), Ivan Cattaneo (cantante). Senza dimenticare Angelo Pezzana (fondatore del primo movimento omosessuale italiano, il Fuori!), Fernanda Pivano (scrittrice e traduttrice), Milo De Angelis (poeta), Franco Buffoni (poeta e traduttore), Andrea Valcarenghi (fondatore della rivista Re Nudo), Francesco Siniscalchi (massone che denunciò Licio Gelli e la P2). Gli anni amari è così raccontato dal regista in occasione della partecipazione al Festival di Roma 2019 come titolo di preapertura: "Gli anni amari è l'attraversamento di un'epoca, di quei vitali, difficili, creativi, dolorosi e rimossi anni Settanta. È anche la rievocazione di un necessario movimento per i diritti, come quello omosessuale, che doveva inventare forme nuove per farsi riconoscere. Ed è soprattutto il ritratto di un ragazzo la cui genialità, la cui libertà interiore e la cui gioia di vivere erano troppo intense per il mondo che lo circondava. Gli anni amari è tutto questo, o almeno cerca di esserlo".
"Mieli era un genio, che ci ha sedotto, come riusciva a sedurre tutti coloro con cui entrava in relazione", ha proseguito Adriatico. "Ma era anche un ragazzo immerso in una profonda solitudine, quella in cui aveva costruito la sua bolla di sopravvivenza e quella in cui era relegato da chi lo considerava troppo snob o troppo scomodo; la solitudine di chi ha imparato a farcela da solo per sopravvivere a dispetto di tutto e tutti, e la solitudine in cui si è ritrovato per l'ennesima volta quel giorno di marzo del 1983 in cui, a soli 30 anni, ha deciso di togliersi la vita. Gli anni amari sono tutto questo. Sono gli anni in cui tutto sembrava possibile e non lo era. Sono gli anni lontanissimi del nostro passato recente. Sono gli anni di un ragazzo che ha vissuto – con la sua aliena dolcezza – l'amarezza di un'esistenza simile a quella di nessun altro. Si chiamava Mario. O, se preferite, Maria”.

 



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