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Dolcissime

Regia di Francesco Ghiaccio vedi scheda film

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La recensione su Dolcissime

di alan smithee
4 stelle

Dolcissime (2019)

Insicurezze adolescenziali, disagi nel non sentirsi adeguatamente presentabili in un'età, l'adolescenza, ove l'aspetto esteriore diviene il mezzo principale per rapportarsi con i canoni - estetici e culturali - che omologano gli individui discernendoli in due principali categorie: i dominanti, ed i dominati.

Chiara, Letizia e Mariagrazia appartengono inevitabilmente alla seconda categoria, sopraffatte da una abbondanza fisica incoraggiata dalla golosità che le rende da una parte schiave del richiamo gastronomico, dall'altra desiderose di rifugiarsi in esso per salvaguardarsi dai dispiaceri del non sentirsi accettate, ma spesso solo derise o rifiutate.

Una di esse scambia da tre mesi rapporti via chat con un ragazzo innamorato di lei, senza avere il coraggio di mostrarsi mai, timorosa di deludere quello che invece si rivela, a suo modo di giudicare e di svilirsi, un ragazzo troppo bello per lei; l'altra deve gestire il peso ed il disagio di essere figlia della insegnante di ginnastica ed ex nuotatrice ancora bellissima e tenacissima, impegnata ad allenare con successo una squadra di nuoto sincronizzato che pare eccellere e raggiungere traguardi sempre più ambiziosi. L'ultima, infine, dotata di un gran talento per il canto, si schernisce ad ogni occasione nascondendo questa sua dote, anziché farla valere.

Quando, per caso, dopo essere state vittime di un video che le ha sbeffeggiate e fatte deridere sui social dinanzi a tutti, le tre decidono di allearsi e ricattare la bellissima e magrissima caposquadra di nuoto, pupilla della madre insegnante di una delle tre, costringendola ad allenarle pure loro per il nuoto sincronizzato, pena l'invio in rete di un video compromettente della bella adolescente con un uomo maturo, ecco che tra le tre "ciccione" e la bella sirena si stabilisce una inaspettata amicizia, destinata - tra alti e bassi - a creare le basi per dirimere il più possibile quelle barriere di intransigenza di cui risultavano vittime le tre ragazzone. Aiutandole peraltro, ognuna in base alla propria problematica, ad affrontare meglio e più adeguatamente i crucci che impedivano loro di rapportarsi cl mondo esterno, con la adeguata e meritata disinvoltura di chiunque altro.

Opera seconda del regista Francesco Ghiaccio, esordiente nel lungometraggio nel 2015 con Un posto sicuro, che vedeva tra gli interpreti due interpreti in ascesa come Marco D'Amore e Matilde Gioli, questa volta il cineasta torna a collaborare con il primo, Marco D'Amore appunto, coinvolto nuovamente come sceneggiatore assieme a Renata Ciaravino e Gabriele Scotti, alle prese con un argomento assai scottante: una vicenda che ha il pregio di affrontare tematiche decisamente all'ordine del giorno nel sottobosco intimo proprio di quella fascia d'età cruciale, a metà strada tra infanzia ed età adulta, ove il disincanto dell'età acerba ormai abbandonata si rompe sotto i colpi crudeli di una consapevolezza di raffrontarsi con le dure regole ed gli intransigenti canoni di una società che non fa sconti a nessuno che non si omologa ai severi traguardi imposti per cavalcare l'onda da vincenti.

Detto questo al film, piccolo e gracile fino all'inconsistenza, non fosse per la pregnante tematica discriminatoria di fondo che ne traccia significativamente la vicenda, risulta sin imbarazzante poter addossare colpe o demeriti che non si riducano all'evidente ed incontrollata sbrodolata finale verso un trionfo di sentimentalismi stucchevoli senza contegno. Come sparare sulla Croce Rossa.

Ma la storiella di Dolcissime - titolo che mi evoca, pur senza motivo, ma in modo così prepotente da non riuscire più a togliermela dalla testa - la bellissima canzone di Mario Lavezzi dal medesimo titolo, ma al singolare (era "Dolcissima", infatti) - appare sviluppata secondo modalità eccessivamente puerili, trattando il tema dell'obesità - tra l'altro - semplicemente come una problematica di natura prettamente esteriore, laddove, al contrario, ben più serie implicazioni dovrebbero insinuarsi da un punto di vista medico-sanitario: circostanze che, se anche affrontate, avrebbero reso decisamente meno abbordabile una produzione alla ricerca, di fatto incolpevole, di un certo appeal per farsi strada nel migliore dei modi tra le uscite di un periodo cinematografico già di per sé poco propizio come quello estivo. 

Che tutto sia frutto di un calcolo meditato volto a bissare, in patria nostrana, il successo del francese, divertente e tenero, Le grand bain (ovvero "7 uomini a mollo")? Potrebbe anche essere, ma il film transalpino, spiace ammetterlo, funziona assai meglio, forse perché meno obbligato a volare alto su tematiche di una certa implicazione civico-educativa. 

Tra gli interpreti, più che la splendida Valeria Solarino (una bellezza che migliora col tempo!) o l'involontariamente "sexy daddy" Vinicio Marchioni, si fanno notare le tre esordienti "oversize": Giulia Barbuto Costa Da Cruz, Margherita De Francisco, Giulia Fiorellino, ognuna apparentemente così addentro al proprio personaggio, da apparire, costoro, quasi fiere e disincantate interpreti di se stesse.... chissà...

  

 

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