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Bianca come la neve

Regia di Anne Fontaine vedi scheda film

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La recensione su Bianca come la neve

di hupp2000
9 stelle

Originale e riuscita rivisitazione della fiaba per eccellenza. Mano ferma nella sceneggiatura e nella regia, Lou de Laâge e Isabelle Huppert strepitose!

Voglio sperare che questo film non sia arrivato nelle sale italiane, ma direttamente su Netflix, a causa della pandemia di quest’anno e non per scelta dei distributori. Si tratta infatti di una pregiata produzione franco-belga del 2019 e merita una adeguata diffusione nelle sale.

Anne Fontaine rielabora liberamente e in maniera molto personale la favola dei fratelli Grimm “Biancaneve e i sette nani”, ambientandola in uno sperduto angolo della Svizzera dei nostri giorni e conferendole un taglio femminista che in certo senso la rivaluta. Come spesso le accade, intento dell’autrice è divertire facendo nel contempo riflettere sul processo di liberazione di una giovanissima donna da una famiglia non amata e sulla sua emancipazione nei rapporti con il sesso maschile. Così, i sette nani della fiaba diventano altrettanti uomini di normale statura e diversi tra loro, tutti inevitabilmente storditi e ammaliati dalla bellezza e dalla personalità della splendida Biancaneve in carne e ossa. Al fine di non dare l’impressione di riproporre pedissequamente la trama originale pur riprendendone fedelmente i noti dettagli, il film viene è diviso in tre capitoli, il primo intitolato “Claire” (Biancaneve), il secondo “Maud” (la matrigna o strega cattiva che dir si voglia) e l’ultimo “Claire et Maud”, vale a dire la resa dei conti tra le due donne protagoniste della vicenda. L’espediente si rivela utile per suscitare curiosità e generare una certa suspense pur raccontando una storia che tutti conoscono. Nei rispettivi ruoli, Lou de Laâge e Isabelle Huppert sono il perno dell’intero film. La prima, di eclatante bellezza e raffinata sensualità, è una giovane e ormai affermata promessa del cinema d’Oltralpe. Posso dire che ha tutte le carte in regola per rendere accattivante l’immagine della ragazza assai poco ingenua, decisa a conquistare la propria indipendenza e il diritto ad una vita che soddisfi i suoi desideri e le sue speranze. Salvo incidenti, prevedo per lei una carriera lunga e luminosa. In quanto a Isabelle Huppert, è quasi inutile dire che il ruolo della donna perfida e ostinata, al limite della psicosi, le calza ancora una volta a pennello. La sua capacità di raggelare con uno sguardo e di sfoderare con un semplice sorriso tutta l’ipocrisia possibile è ormai un suo marchio distintivo, di quelli che ne fanno un’attrice sublime e ineguagliabile. Checché ne possa dire uno stupido specchio, per me resta “la più bella del reame”.

Vi sono poi le figure maschili e qui mi levo tanto di cappello di fronte alla correttezza e alla perspicacia con cui Anne Fontaine è riuscita a rappresentare uomini certamente in balìa delle proprie pulsioni, ma non per questo superficiali o semplici marionette. Anzi, i sette “nani” sono uno più simpatico dell’altro, subiscono tutti il fascino di Claire, ma ciascuno a modo suo e non necessariamente con intenti erotici. In alcune occasioni è la ragazza stessa a suscitare in loro desideri restati sopiti. Basti pensare al parroco del villaggio, che si limita ad essere un confidente condiscendente delle avventure sentimentali della giovane ammaliatrice; oppure al logorroico libraio splendidamente interpretato da Benoît Poelvoorde che, di fronte a cotanta bellezza femminile, non riesce a far altro che rendersene succube, consapevole di non poter aspirare ad un normale quanto improbabile rapporto erotico.

Un aspetto piuttosto divertente e originale riguarda l’uso della lingua in questa produzione franco-belga. Come ho detto, il film è ambientato in Svizzera e molti personaggi si esprimono in francese, ovviamente con tipico accento elvetico. Isabelle Huppert e Charles Berling, va da sé, parlano il francese (e che francese!) di Parigi. Impossibile pensare a Benoît Poelvoorde senza la sua eccellente intonazione belga, che da sola mette di buon umore. Ciliegina sulla torta, Richard Fréchette, nel ruolo del parroco, è un attore nato e vissuto nel Québec e… si sente. Una vera sinfonia francofonica! Nulla di cui stupirsi, considerando che la talentuosa regista e sceneggiatrice Anne Fontaine è lussemburghese. Ricordo che le dobbiamo perle di cinema come “Nettoyage à sec” (1997), anche qui con Charles Berling e film che a breve intendo recensire, “La fille de Monaco” (2008) con uno stratosferico Fabrice Luchini, “Il mio miglior incubo” (2011) nel quale recitano già Isabelle Huppert e Benoît Poelvoorde e infine l’originalissimo “Gemma Bovery” (2014), di nuovo con un debordante Fabrice Luchini. Anne Fontaine è una figura di primissimo piano del cinema francese di oggi e sembra avere ancora molto da dire.

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