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La banda Grossi

Regia di Claudio Ripalti vedi scheda film

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La recensione su La banda Grossi

di barabbovich
7 stelle

È una storia vera eppure rimossa dai libri di storia quella della banda Grossi, guidata da Terenzio Grossi (Ciorciaro), che nel 1860, alla vigilia dell'unità d'Italia, imperversò nelle Marche e nel centro Italia, raccogliendo consensi e sostegno da una popolazione messa alla fame dalle continue vessazioni del governo sabaudo, che peraltro voleva introdurre il servizio di leva obbligatorio. Il racconto parte dalla testimonianza rilasciata in carcere dal numero due della banda, Olinto Venturi, detto Zinzin, a un membro della commissione d'inchiesta che deve fare luce sull'operato di un carabiniere mandato dal Prefetto a catturare Grossi sulle alture dell'Appennino. Il racconto di Olinto mette in luce l'anima rivoluzionaria di questi briganti renitenti alla leva, atei, eppure sostenuti almeno in parte dal papato, avversi ai piemontesi e costretti a vivere di espedienti pur di sopravvivere. Ma tra morti, catture e dissidi interni alla stessa banda - alla quale aderì il temibilissimo Sante Frontini, vero ago della bilancia dell'intera vicenda - la vicenda arrivò a un terribile epilogo.
Ci sarebbe da fare un monumento all'esordiente Claudio Ripalti, che con un crowdfounding di appena 50.000 euro è riuscito a realizzare un film dignitosissimo con un cast di attori perfettamente sconosciuti eppure assolutamente in parte, giostrando al meglio l'uso delle location (gran parte del film è girato in esterni, su sfondi naturalistici). Ripalti aggiorna così in una chiave quasi western la lezione del Salvatore Giuliano di Rosi a proposito di film sul brigantaggio, collocandola su uno sfondo storico ricco di contraddizioni e consegnandoci personaggi a tutto tondo, a partire Terenzio Grossi, capobanda carismatico e idealista. Come idealista e speculare alla sua figura è quella del carabiniere che gli dà la caccia. Alla complessità dei personaggi e alla ricchezza di sfumature del racconto si aggiungono anche elementi che permettono di leggere in filigrana i vizi della politica nostrana, la corruzione perpetua, l'intoccabilità dei vertici. Qualche inevitabile ingenuità - in primis l'uso della lingua italiana in luogo del vernacolo, ma anche la cura eccessiva delle dentature - e alcune lungaggini nel racconto non tolgono comunque valore a un film esemplare nella sua traiettoria produttiva.

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