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Porzûs

Regia di Renzo Martinelli vedi scheda film

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La recensione su Porzûs

di GIANNISV66
7 stelle

Non siamo di fronte a un capolavoro, ma ad un buon film che ha il merito di raccontare una pagina assai scomoda della storia della Resistenza all'oppressione nazi-fascista, sottraendola però in tal modo a deleterie strumentalizzazioni. Buonissimo il cast con un superlativo Gastone Moschin, per quello che è il miglior film di Renzo Martinelli.

 

“Anch'io sono comunista e non la penso come te.....io non lo voglio il tuo comunismo!”

 

Un'automobile attraversa i miseri sobborghi di una città dell'Est (siamo in Slovenia), un taxi che trasporta un anziano. L'uomo è alla ricerca di una persona ma l'accoglienza che riceve non è delle più calorose, la gente del posto pare reticente. Alla fine il suo vagare sembra aver buon esito, entra in una abitazione dall'aspetto modesto dove trova un altro anziano.

Pochi convenevoli e i due si riconoscono, si chiamano con i loro nomi di battaglia (Geko e Storno) e affiorano i ricordi di un tempo lontano, quando entrambi partigiani, ma lontani ideologicamente, erano impegnati nella lotta contro i nazi-fascisti.

 

Inizia così una delle più controverse pellicole degli ultimi trent'anni, firmata da Renzo Martinelli, che prende il titolo dalla località dove, alla fine della seconda guerra mondiale, ebbe luogo uno degli episodi più discussi e tragici della storia italiana (e non solo) del XX secolo, l'eccidio della Brigata Osoppo, costituita da partigiani di estrazione cattolica e laico-socialista, ad opera dei gappisti, ovvero combattenti per la resistenza dalla granitica fede comunista.

Ora usciamo per un momento dal discorso puramente cinematografico per entrare, ma solo marginalmente, in quello storico. Qui non si vuole fare analisi o resoconti di quei drammatici avvenimenti, questa è operazione da specialisti, da esperti studiosi. Qui semplicemente si vuole affermare che la Storia deve raccontare i fatti, spogliandoli dalle sovrastrutture ideologiche, perché negare, come è stato fatto per moltissimi anni e come si tenta ancora oggi di fare, la tragica potenza di determinati eventi vuol dire sottrarre gli stessi alla luce di una analisi pacata per mandarli nel pericoloso terreno di discutibili strumentalizzazioni.

Quindi parlare dell'eccidio di Porzus e rendere manifesta una pagina della storia della Resistenza alle oppressioni nazifasciste che viene da sempre considerata “scomoda” da una certa storiografia militante, significa invece dare il giusto risalto a un fatto storico e al tempo stesso sottrarlo a chi vuole manipolare la memoria di quei fatti per infangare il movimento nato da quegli ideali di libertà che portarono alla nascita della Repubblica.

 

Martinelli realizza quello che, a parere dello scrivente, è decisamente il suo miglior film, grazie anche ad un cast notevole che vede Gabriele Ferzetti nei panni di Storno anziano (mentre in quelli del giovane troviamo Lorenzo Flaherty) e soprattutto uno strepitoso Gastone Moschin nel ruolo del cinico e spietato Geko (ed è compito di Lorenzo Crespi dar vita alla versione “giovane” dello stesso).

La storia viene ricostruita utilizzando nomi di fantasia, ma è facile riconoscere nella figura del comandante Galvano (Lino Capolicchio), leader della Brigata Osoppo, quella di Francesco De Gregori, zio dell'omonimo cantautore, capitano degli Alpini che dopo l'8 settembre del 1943 entra nella Resistenza con il nome di battaglia "Bolla", così come è facile riconoscere nello spietato Geko quel “Giacca”, al secolo Mario Toffanin, che capeggiò il gruppo dei gappisti, e che non diede mai segni di pentimento per l'accaduto.

Lo sguardo del regista non fa sconti a nessuno: gli invasori nazisti e i loro alleati alleati fascisti vengono rappresentati per quello che sono, sanguinari oppressori che si macchiano di ogni efferatezza, per non parlare degli squallidi delatori che determinano la triste sorte di persone innocenti (sintetizzati nel viscidissimo personaggio di Faccia-smorta).

D'altro canto i gappisti non vengono certo rappresentati come un gruppo di pazzi invasati anzi una delle figure più emblematiche è quella di Spaccaossi interpretato da un ottimo Gianni Cavina, e autore dell'affermazione con cui si apre questa recensione.

Spaccaossi è un partigiano coraggioso e leale, a cui i nazisti hanno massacrato la famiglia, un vero comunista e un vero combattente per la libertà, e non certo per instaurare un regime dittatoriale sia pur di colore diverso (come invece sembrano voler fare alcuni suoi compagni). Un eroe che pagherà la fedeltà ai suoi principi con la vita.

Un buon film che sa raccontare una storia difficile con giusto ritmo e tensione, che pone l'obiettivo sui contrasti e le frizioni che serpeggiavano dentro la Resistenza (Geko e il suo fanatismo ideologico creano forti difficoltà anche alla dirigenza del partito, che nel film viene impersonificata dalla titubante figura di Gobbo interpretato da Massimo Bonetti), e che tocca dunque temi scomodi ma reali.

Chi ha parlato di strumentalizzazioni, francamente, deve aver visto un altro film oppure il film proprio non l'ha neanche visto, o peggio ancora è in malafede.

 

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