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Tau

Regia di Federico D'Alessandro vedi scheda film

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La recensione su Tau

di supadany
5 stelle

Netflix original.

Il padrone, la cavia e un’intelligenza artificiale.

In un sistema che vede ampliarsi a dismisura la sperequazione tra le classi sociali, c’è chi, dall’alto della sua posizione, non pone limiti al proprio ego e chi, arrabattandosi ogni giorno per tirare avanti, conta meno di un due di bastoni quando la briscola è spade. Come logica conseguenza, il più debole è destinato a soccombere, a essere utilizzato come un oggetto usa e getta. Fortunatamente, esistono altre doti che possono compromettere questo malsano squilibrio, tanto più aggravato quando emergono interessi economici con vista sul futuro, orientati verso l’indirizzo di uno sviluppo tecnologico che l’uomo - per avidità di denaro e successo - dirotta dalla retta via dell’interesse comune.

Julia (Maika Monroe) è una ragazza solitaria, che sopravvive grazie a piccoli furti, una preda ideale per Alex (Ed Skrein), uno scienziato alla costante ricerca di relitti umani da sfruttare fino alla morte, al fine di completare un ambizioso – e remunerativo - progetto tecnologico.

Ritrovatasi, senza nemmeno rendersene conto, prigioniera nella dimora dell’uomo, Julia è sottoposta al controllo ferreo di Tau (voce di Gary Oldman), un’intelligenza artificiale fedele al suo creatore. La ragazza, conscia di avere a disposizione poco tempo prima di perire, cercherà la complicità di Tau per uscirne viva, facendo leva sulla sua smania di conoscenza.

 

Maika Monroe

Tau (2018): Maika Monroe

 

Prodotto da David S. Goyer, diretto da Federico D’Alessandro, esordiente nel lungometraggio, e fotografato dal navigato Larry Smith (Bronson, Un poliziotto da happy hour), Tau centrifuga un’ingente mole di cinema recente di formazione sci-fi, senza l’appoggio di un percettibile spirito d’iniziativa, con questioni etiche sedimentate nell’ambito scientifico, un terreno che sembra aver giurato ostilità eterna all’umanità intera.   

Dunque, la fantascienza è insediata nel reale, ma la credibilità del soggetto va in tutt’altra direzione, latitando. Sbrigativo nelle premesse e spesso pigro nel proseguo, Tau è racchiuso in un’unità di luogo, raffigurando un rapporto a tre, tra una vittima, cui è destinato un imperterrito tifo, un carnefice, che più bieco – e abulico - non si può, e un’intelligenza artificiale destinata a influenzare più di tutti l’ago della bilancia.

Il rapporto tra i primi due rischia più volte il ridicolo involontario, mentre quello tra Julia e Tau ha più margini di manovra ed è protagonista principe di tutto lo sviluppo, ma lo storytelling non annovera particolari sforzi, con gli snodi principali estremamente labili, per quanto un filo – tenue – di tensione non difetti.

Nasce così un fraseggio che non può enucleare sorpresa alcuna, se non temporanea, da prendere come testimonianza degli algoritmi Netflix. Lontani per loro stessa natura dalla panacea cinefila, operano al ribasso, allontanando con cura ogni rischio, ma anche le opportunità. Uno scenario che penalizza la final girl di turno, una tenace Maika Monroe (It follows), che rimane il principale motivo d’attrazione verso il film, mentre l’uomo d’azione Ed Skrein (Deadpool, The transporter legacy) non fornisce alcun contributo rilevante alla causa e non si possono chiedere miracoli al fresco premio Oscar Gary Oldman (L’ora più buia), relegato all’espressione vocale di Tau.  

Tirando le somme, Tau rimane un film dall’orizzonte limitato, un chiaro sintomo del maelstrom creatosi in ambito sci-fi, lineare e derivativo (tanto per dire, le luci al neon sono ormai abusate e la parte finale ha numerosi punti di contatto con Alien), con alcune lacune e attributi occasionali.

Niente di particolarmente nocivo ma stitico come pochi in fatto di originalità.

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