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Top Gun: Maverick

Regia di Joseph Kosinski vedi scheda film

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La recensione su Top Gun: Maverick

di Andreotti_Ciro
7 stelle

A oltre trent’anni dalla missione per salvare una nave in avaria in territorio nemico, Pete “Maverick” Mitchell torna da dove era iniziata la fase migliore della propria carriera. Richiamato a fare quello che meno bene sa fare, ovvero insegnare, ma al tempo stesso dando una mano alle reclute Top Gun impegnate nella preparazione per una missione dalle sembianze disperate. Cruise e la piacevole sorpresa in cabina di regia , Joe Kosinski, riescono a riesumare un record d’incassi della metà degli anni ‘80 grazie a una trama che affonda le radici proprio nella pellicola capostipite ma che da questa si discosta per l’assenza di tutte le figure femminili presenti nel primo film, presentando come sola eccezione all’effetto nostalgia la richiesta dello stesso Cruise di fare apparire Val Kilmer nel ruolo del vecchio avversario e amico Iceman, ormai ammiraglio privo di voce e che apprendiamo non aver mai fatto mancare all’ex collega un aiuto per tirarlo fuori dai suoi soliti problemi d’insubordinazione. Da lì il passo per il ritorno a Miramar è breve e al cospetto del professor Mitchell si presentano sia nuove reclute Top Gun, tutte pronte a incarnare i differenti stereotipi narrativi, dallo spaccone al più silente e fra le quali non manca Bradley “Rooster” Bradshaw, l’attore Miles Turner, figlio del suo vecchio amico e navigatore “Goose”, che ancora non gli perdona né la scomparsa del padre, ma nemmeno molto altro. Ma anche una nuova possibile storia d’amore con una gestrice di bar uscita dal passato e con le sembianze rassicuranti di Jennifer Connelly. Il sequel del quale si parlava da decenni, e rimandato fino all’inizio di quest’anno, alla fine riesce a mettere d’accordo sia gli estimatori del primo episodio ma anche coloro che per evidenti ragioni anagrafiche non si erano mai appassionati ai giubbotti Avirex e agli occhiali da sole marca Ray-Ban. Il cast riesce perfettamente a ricostruire le medesime ambientazioni respirate trentasei anni or sono e a non fare minimamente rimpiangere l’idea, che avrebbe potuto risultare infelice, di tornare sulle tracce di Pete Mitchell, del quale (pare) sentiremo nuovamente parlare.

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