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Possum

Regia di Matthew Holness vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Possum

di Jolly-Roger
10 stelle

POSSUM è uno dei film più particolari che io abbia mai visto. Personaggi che sembrano usciti dalla penna di Dostoevskij, interpretati in modo magistrale. Un film cupo, grave e spaventoso, con un'aria colma di una tensione latente, un silenzio che ferisce le orecchie.

 

POSSUM è uno dei film più particolari che io abbia mai visto. Personaggi che sembrano usciti dalla penna di Dostoevskij, interpretati in modo magistrale.
Un film cupo, grave e spaventoso, con un'aria colma di una tensione latente, un silenzio che ferisce le orecchie.

Possum è un burattino dalle sembianze agghiaccianti, con faccia da uomo e zampe di ragno.

Il protagonista, Philip, burattinaio di mezz'età con gravi problemi irrisolti, vorrebbe sbarazzarsene, ma non riesce…perché Possum, ogni volta che te ne disfi, ricompare.
Lo getti in un buco…e lo ritrovi nel tuo letto, al mattino, che ti fissa, aspettando che ti svegli.
Lo affondi in un pozzo, lo sotterri…ti illudi che, senza di lui, starai meglio. Ma dopo averlo eliminato per l'ennesima volta, la testa comincia a dolerti, le orecchie fischiano…la vita ricomincia a fare male. Ma Possum riappare e, insieme a Possum, la vita riprende. Una vita moscia, immobile, senza senso né significato, una vita triste e squallida senza gioia né speranza.

Non si riesce a vivere con Possum, ma non si riesce a vivere senza Possum. Cos'è realmente Possum?
Io me lo sono chiesto a lungo, dopo aver visto più volte il film.
Forse è una dipendenza? Infatti Possum è una metafora che potrebbe benissimo rappresentare la droga, o l'alcolismo: è senza dubbio qualcosa di lacerante, che con la sua presenza rende la tua vita grigia e ti opprime, ma la sua assenza ugualmente ti spegne e ti fa male...fino a quando Possum ritorna, nuovamente, a rendere la tua vita grigia e opprimerti.
E tu lo sai che è colpa sua, lo capisci e di nuovo vuoi liberarti da esso…ma di nuovo fischiano le orecchie e la vita ricomincia a fare male, perché non puoi farne a meno.
Finché una voce da lontano ti chiama all'improvviso e infrange l'incantesimo, destandoti dal tuo incubo ad occhi aperti: "Philip!". E come colto sul fatto, Philip torna nel modo reale, infagotta in fretta e furia Possum in una valigia, lo nasconde agli occhi degli altri e scappa, nascondendosi di nuovo in una vita grigia, arrancando con quel pesante fardello.

 

Sean Harris

Possum (2018): Sean Harris


Ma Possum non è soltanto una droga, è qualcos'altro. Agisce in tutto e per tutto come una droga, ma è molto di più: Possum è il senso di colpa.
Una colpa non espiabile. Forse di più colpe (io ne ho individuate tre, descritte in spoiler). Possum è allo stesso tempo anche la punizione per quelle colpe. Con le sue zampe, può inseguirti ovunque e non puoi scappare da lui; esse si avvinghiano alla tua anima per punirla, violentandola all'infinito. Forse è proprio questa la metafora della dipendenza: la punizione rappresenta un sollievo necessario, proprio come la droga, per chi, come Philip, è attanagliato dai sensi di colpa.
Colpe così gravi che forse non potrà superare mai, nemmeno dopo le punizioni più atroci. Colpe che, forse, potrà un giorno accettare e guardare negli occhi, nel lungo cammino che lo porterà prima a ribellarsi, poi (forse) a perdonarsi.
Il film è infatti un cammino di crescita interiore del protagonista Philip: egli torna nella casa di infanzia per fare i conti con il proprio passato.

La casa di Philip è abitata soltanto dallo Zio Maurice. Un personaggio abietto e sporco, nell'anima ancor più che nel corpo.

 

Nichilista, sudicio, perverso manipolatore, che si scoprirà avere un ruolo fondamentale nella fragile e infranta personalità di Philip e nei suoi sensi di colpa, rappresentati da Possum.

 

scena

Possum (2018): scena


____________________________SPOILEROSO DA QUI IN POI__________________________

La prima colpa, quella di un ragazzino colpevole di essere sopravvissuto alla morte dei propri genitori, bruciati vivi in un incendio.
Un incendio che, forse, è stato causato dallo stesso Philip, da ragazzino, per colpa di una sigaretta, forse spenta male.
Il film non lo dice esplicitamente, ma allude a ciò in più occasioni. Ad esempio, in una scena, lo schifoso zio Maurice porge a Philip un portasigarette di metallo, chiedendogli "è tuo questo, vero?", e porgendoglielo sghignazza in modo cinico, canzonandolo, prendendosi gioco del suo senso di colpa. Il portasigarette contiene una foto dei genitori di Philip. Tutta questa scena, apparentemente priva di alcun senso, può stare in piedi se ipotizziamo che l'incendio sia stato causato da Philip – e che lo zio lo stia sfo.tt.endo in modo cinico e sadico per questa colpa. Infatti, Philip viene colpito a morte da quelle parole dello zio. Reagisce così male che, mentre si accende la sigaretta, guarda zio Maurice attraverso il fuoco dell'accendino, come se volesse bruciare lo zio degenerato, pronunciando una frase terribile: "Maurice, dovevi essere tu a morire nell'incendio".
Un'altra scena è abbastanza eloquente sulla responsabilità di Philip nella morte dei genitori: egli ha in mano la foto dei genitori, ma la foto viene sporcata da gocce nere che piovono dall'alto.

 

Piove nero su di lui, come il sangue di Cristo che ricade sulle colpe dell'uomo.

 

Sean Harris

Possum (2018): Sean Harris

 

Philip cerca di pulire la foto, ma, pulendola con le dita, la sporca ancora di più di nero, fino a che i volti di sua mamma e papà, proprio a causa della sua azione, vengono ancor di più ricoperti di nero fino a sparire, come definitivamente inghiottiti nella fuliggine dell'incendio.
Nella scena inziale, inoltre, la prima azione di Philip è quella di spegnere con rabbia una sigaretta contro la valigia in cui è imprigionato Possum.
Philip è ancora talmente lacerato dal tragico evento della morte dei genitori che ancora non riesce ad entrare nella loro camera da letto.
Ha le allucinazioni.
Vede i palloncini neri (anneriti dal fumo dell'incendio) che galleggiano…mentre un viso maligno (Possum) appare furtivo alla finestra (geniale omaggio a IT e ai suoi palloncini che galleggiano!).

 

Quei palloncini sono il simbolo dell'infanzia di Philip, distrutta dagli eventi.

 

scena

Possum (2018): scena


La seconda colpa è una cosa che non puoi lasciarti alle spalle, forse mai. La colpa di un ragazzino che è stato stuprato dallo zio (proprio lui, lo zio Maurice). In più scene si allude al fatto che Maurice abbia circuito, in passato, il nipote, adescandolo, approfittando peraltro della sua debolezza e solitudine a causa della morte dei genitori. Mi riferisco, ad esempio, a quando Maurice chiede a Philip se egli voglia una caramella dalla mensola (tipica allusione allo stereotipo del pedofilo, che adesca i bambini con l'offerta di caramelle). Al rifiuto di Philip, lo zio lo sbeffeggia dicendogli "pensi di esserti fatto grande, eh?". Sì, perché per lo zio il nipote, pur adulto, è ancora il suo piccolo giocattolo, sul quale egli vuol continuare a soddisfare le proprie perversioni.
Ciò diventa manifesto quando, alla fine, Maurice tenta di nuovo di perpetrare violenza al nipote, infilandogli le dita in bocca, vantandosi e alludendo al fatto di averlo stuprato in passato ("ti sono mancate le mie dita?"). Il tutto mentre poco dopo, in modo sadico, punisce il nipote cinghiandolo con la cintura. Il legame tra colpa e punizione, tra delitto e castigo, emerge con ancor maggiore evidenza pensando a come il povero Philip si è rappresentato Possum: le lunghe zampe del ragno rappresenterebbero forse le lunghe dita dello zio – anzi, è come se Possum stesso fosse (e di fatto lo è) la proiezione di Maurice nella mente di Philip: il Possum–Maurice è nato per colpa di Philip e per questa colpa Philip si lascia punire da Possum-Maurice.
Questo spiegherebbe anche l'atteggiamento di Maurice nei confronti del mostruoso burattino: l'ammirazione che egli ne prova, quando dice "le sue gambe sono impressionati" (nel senso di maestose) o, ancora, quando Maurice, attestata la volontà del nipote di distruggere Possum, si preoccupa e se ne dispiace ("ma vuoi distruggergli anche la testa?"), quasi come se distruzione definitiva del burattino aracnoforme tagliasse il malsano cordone ombelicale con il quale lo zio tiene al guinzaglio il nipote.


Il senso di colpa, il meccanismo che si crea nella mente di un ragazzino violentato, dev'essere terribile: incolpare sé stessi del fatto di non essere stati amati, del non essersi meritati il vero amore né la protezione degli adulti, e insieme del non essere stati in grado di proteggersi, dell'aver lasciato che qualcuno approfittasse, senza reagire…

 

 

Sean Harris

Possum (2018): Sean Harris


Convivere con il pensiero di aver avuto la vita distrutta da una persona che avrebbe dovuto amarti ed invece ti ha usato e distrutto per il proprio piacere. Questa convivenza dev'essere un orrore talmente terribile, che forse un ragazzino, crescendo e sviluppando in quel senso di colpa, finisce per trovare un rifugio in esso, sebbene di colpa non ne abbia avuta alcuna. Perché dev'essere così difficile convivere con una verità così atroce, che tale situazione ti spinge a pensare che, forse, in parte è colpa tua, in parte te la sei meritata. Perché forse hai bisogno, in un certo qual modo, di credere di aver avuto una responsabilità: ciò ti restituirebbe l'illusione di aver avuto il controllo di te stesso e di esserti lasciato usare, illusione che forse, paradossalmente, è meno dolorosa e più facile da accettare piuttosto che pensare alla amara verità, a quanto invece eri innocente ed indifeso, e perciò, di contralto, quanta spietata crudeltà ed egoismo ha dimostrato chi doveva amarti e proteggerti ed invece ti ha soltanto usato.
Philip preferisce convivere con Possum, con quest'immeritato senso di colpa e punizione, piuttosto che accettare quello che è realmente accaduto. Anzi, rifiuta a tal punto quanto è accaduto, che arriva a cancellare i ricordi e sostituire gli eventi.
La volpe è il suo grande alibi.
Un alibi con cui Philip vive da decenni e che lo stesso zio Maurice deride (ad esempio, quando dice al nipote che, per cena, ha preparato un arrosto di volpe, sghignazzando).
Philip ricorda che i suoi coetanei hanno trovato una volpe vicino al fiume, l'hanno riempita di calci, l'hanno bloccata a terra e le hanno "infilato cose dentro", fino ad ucciderla. Ma ad un certo punto, continuando nel narrare i ricordi, il Philip ragazzino, che voleva difendere la volpe e perciò è stato bloccato dai coetanei….vede la volpe alzarsi miracolosamente, VIVA, e fuggire via.
La verità è che la volpe non è mai morta e non ha mai subito alcuna violenza. Lo zio si diverte a sentire questa storia e chiede al nipote di ripeterla, perché è una fandonia che più è ripetuta più diventa vera, impedendo al nipote di affrontare la "verità vera".


La verità vera è che c'era Philip al fiume, bloccato, con la faccia schiacciata nel fango, picchiato e stuprato.

 

Sean Harris

Possum (2018): Sean Harris

 

Ma non dagli amici coetanei, bensì dallo zio Maurice, che lo imprigionava e toccava con le sue lunghe dita. Philip ha poi sublimato il ricordo, trasferendo sulla volpe la violenza da lui subita e trasferendo sui coetanei la colpa della violenza, anziché sul vero ed unico responsabile: lo Zio Maurice.

Questa cosa è importante perché prelude al terzo senso di colpa del protagonista: il fatto che, da ragazzino, non abbia denunciato alla polizia lo Zio Maurice, rapitore, stupratore ed assassino di ragazzini.

 

scena

Possum (2018): scena

 

E' lo zio ad aver provocato e alimentato, in Philip, l'astio verso gli altri ragazzini (lo zio continua a chiamarli "canaglie") e la fandonia secondo la quale a mettere le canaglie nel sacco sarebbe stato Possum, anziché lui in persona.
Per effetto di questo meccanismo perverso, Philip si è in qualche modo convinto che i coetanei avessero qualche colpa (l'aver ucciso a sangue freddo la volpe, l'aver bloccato e deriso Philip) e in un certo senso meritassero quel che è accaduto loro. Per questo il Philip ragazzino non ha denunciato ai tempi lo zio - e ancora oggi non trova ancora il coraggio di denunciarlo, come infatti accade quando si reca alla vecchia scuola per parlare con il preside, ma poi fugge via.
Lo zio Maurice, nel tempo e approfittando della giovane età del nipote, lo ha convinto che quei ragazzacci meritassero una lezione. E la lezione glie l'ha data Possum.
Possum li ha messi nel sacco, sì, è stato Possum, anche se non riconoscibile perché "portava una maschera". Davvero geniale questo passaggio della maschera nella frase pronunciata da Maurice: infatti è proprio lo zio Maurice ad avere il volto coperto da una maschera, quando aggredisce il nipote nell'ultima scena.
Il che lascia intendere una cosa che, a pensarci, mette i brividi: lascia intendere che Philip, da ragazzino, abbia visto lo zio, con la maschera al volto, stuprare o uccidere un proprio coetaneo.
Philip, da ragazzino, non poteva essere sicuro al 100% che sotto quella maschera ci fosse lo zio…ma poteva invece credere alle vili e spregevoli bugie dello zio (cioè, che l'assassino fosse Possum, e che Possum abbia impartito la giusta lezione ad una piccola canaglia che faceva cose tipo uccidere la volpe).
L'infimo zio, ancora oggi, pretende di tenere il nipote al guinzaglio: ancora oggi, cerca di mantenere il suo potere, inducendo il nipote in una situazione di sudditanza e disagio: chiede a Philip di raccontare di nuovo la storia della volpe, cerca ancora di fomentare in Philip quello stato di rancore verso i coetanei…
Ma Philip ha cominciato a ribellarsi. Una ribellione che collima con il rogo di Possum.
Mentre Possum brucia, lo zio fa un ultimo tentativo di mantenere il suo potere: caccia una caramella in bocca a Philip.
Ma Philip non regge più. Prova a masticarla, ma non ce la fa…la misura è colma e lui rigetta tutto con un conato di vomito.
Quel che segue è in tutto e per tutto una crisi di astinenza: Possum è bruciato ma Philip lo vede ovunque; si sente inseguito, scappa. Fino a capire che non può scappare da nessuna parte: DEVE affrontare la verità, è giunto il momento.
Urla il nome di Maurice, lo cerca in casa ma non lo trova. Allora, finalmente, trova il coraggio di entrare nella stanza dei suoi genitori, nella quale avverrà la resa dei conti finale.

 

Sean Harris

Possum (2018): Sean Harris


E, nel finale, una valigia si apre.
Un ragazzino (vestito d'altri tempi) salta fuori e scappa via.
E' ovviamente tutto immaginario, metaforico: quel ragazzino purtroppo non c'è più da tempo. In realtà, è una scatola nel cervello di Philip ad aprirsi, liberando il senso di colpa per non aver denunciato, in passato, lo zio per quello che fece a quel ragazzino.
Philip si libera di un peso sulla coscienza.
Non guarirà perfettamente, di certo. Possum ritornerà, anche se bruciato.
Però, Philip potrà iniziare, finalmente, a conviverci. A guardarlo in faccia. Il suo sguardo finale non è sereno, ma non è più spaventato.

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