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Jojo Rabbit

Regia di Taika Waititi vedi scheda film

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La recensione su Jojo Rabbit

di port cros
4 stelle

Totale delusione: un piatta vicenda di formazione che cerca (senza riuscirci) di far ridere con gag di basso livello, personaggi e situazioni inverosimili ed anacronistiche, con la Gioventù Hitleriana che sembra un raduno di boy scout ed il rogo dei libri ridotto a ragazzata da campo estivo.

Taika Waititi, Roman Griffin Davis

Jojo Rabbit (2019): Taika Waititi, Roman Griffin Davis

Jojo Betzler è un ragazzino di dieci anni che vive con la madre in una città non specificata della Germania alla fine della II guerra mondiale. Jojo è un ardente sostenitore del nazismo, membro della Gioventù Hitleriana e ammiratore sfegatato del Fuhrer, che ha eletto persino ad immaginario amico e confidente. Già costretto a confrontarsi con un'indole non propriamente belligerante e le insicurezze della sua età, la sua vita si complica ulteriormente quando scopre che la madre (interpretata da Scarlett Johansson), segretamente attiva nella resistenza al regime, nasconde in casa una ragazzina ebrea.

 

Presentato come uno dei film dell'anno e persino candidato a sei Oscar tra cui Miglior Film, la commedia del neozelandese Taika Waititi si è rivelata una totale delusione, una piatta vicenda di formazione infantile che non ha nulla dell'audacia dissacrante annunciata dalle sue ardimentose premesse.

Non so se sono io a non averne colto l'ironia grottesca, ma mi pare che il film non faccia affatto ridere, a parte pochi momenti che possono strappare un sorriso (come la ripetizione estenuante del saluto Heil Hitler!). Fin dall’inizio si viene piuttosto colpiti dalla totale non credibilità di personaggi e situazioni: tutti i protagonisti appaiono, dal modo di pensare e di parlare, chiaramente americani del XXI secolo e non hanno nulla che rimandi agli anni 40. Lo stesso bambino attore protagonista (Roman Griffin Davis) non che non sia bravo, ma pare sempre che abbia appena sollevato gli occhi dallo schermo di un cellulare o della Playstation. Per non parlare della Gioventù Hitleriana che sembra un raduno di boy scout o del il rogo dei libri ridotto a ragazzata da campo estivo. L'utilizzo anacronistico nella colonna sonora di canzoni dei decenni successivi (i Beatles, David Bowie) contribuisce ad un senso di straniamento temporale che mi ha ulteriormente impedito di entrare nel giusto mood, aggiungendosi a quelli che secondo me sono svarioni storici (nella città di Jojo arrivano contemporaneamente eserciti russo e americano: ma qual è ???, l'ufficiale della Gestapo che dice "tanti ci chiamano perché credono di avere un comunista nascosto dietro al frigorifero": in quanti avevano il frigo in casa a metà anni 40?)

 

Sam Rockwell, Scarlett Johansson, Roman Griffin Davis

Jojo Rabbit (2019): Sam Rockwell, Scarlett Johansson, Roman Griffin Davis

Quando poi sbuca fuori la ragazzina ebrea che vive dietro un pannello del muro (che tra l’altro in una scena assurda esce dal nascondiglio non appena sente bussare sulla parete: brava furba!!!) le cose non migliorano: se vi sembra credibile che quella lì sia appena scampata dai treni piombati per Auschwitz....

Irritante e del tutto inverosimile ho trovato anche il buffo Hitler interpretato dal regista stesso. Certo, lo so che quello non rappresenta il vero dittatore, ma  è un “amico immaginario” frutto della fantasia del bambino: il problema è che un bambino imbevuto fin dalla nascita di propaganda nazista non si sarebbe mai immaginato Hitler in quel modo,  come un idiota maldestro e pasticcione, impegnato costantemente ad offrire sigarette a un bambino e a suggerire idee fallimentari.  Ben lontani dalla satira mordente che  ne fece Chaplin nel Grande dittatore, siamo piuttosto di fronte ad una macchietta innocua che risulta persino simpatica nella sua imbranataggine.

 

Roman Griffin Davis, Taika Waititi

Jojo Rabbit (2019): Roman Griffin Davis, Taika Waititi

 

In generale il film ha un tono colorato e giocattoloso che non si accorda affatto al tetro contesto della tragica fine di un regime sanguinario, momento storico molto arduo da rappresentare con gag di basso livello. Nell’ultimo atto, quando si sforza senza riuscirci di commuovere ricorrendo a mezzucci facili, si rivela l'incapacità del regista di gestire i cambi di tono tra satira, tragedia e ritorno.

 

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