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L'altra faccia dell'amore

Regia di Ken Russell vedi scheda film

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La recensione su L'altra faccia dell'amore

di maldoror
8 stelle

Quattro stelline ma non convinte, avrei preferito non dargliene nessuna, non perchè ritenga il film talmente pessimo da non meritare nemmeno una stellina, ma perchè il mio giudizio su di esso per adesso è piuttosto incerto.
Questo è un film che ho adorato alla follia nei bei tempi andati della mia prima adolescenza, periodo in cui ho nutrito un'insana passione per lo zio Ken, di cui questo era proprio il film che preferivo. Per questo mi rattrista alquanto rivederlo oggi e non provare più lo stesso entusiasmo, la stessa ammirazione che mi suscitava allora, ma anzi scorgere in esso dei difetti un po' troppo ingombranti per consentirmi di ritenere totalmente soddisfacente la visione del film.
Io non sono un gran conoscitore di Ciajkovskij, quindi non saprei dire con sicurezza se Russell sia riuscito a rappresentare il suo universo psichico in maniera approfondita e aderente alla realtà, ma l'impressione che ne ho riguardandolo oggi è che la caratterizzazione psicologica sia un bel po' bozzettistica e superficiale, per non dire bambinesca: tutto il "tormento interiore" del protagonista viene reso semplicemente attraverso qualche scenata improvvisa, che più che all'irrequietudine del genio farebbe pensare alla sfuriata di una checca isterica (mi si passi l'espressione che non vuole essere derisoria, ma solo riferirsi a un'immagine stereotipata a cui il film sembrerebbe rimandare, a mio avviso). 
Mi pare insomma che alla fine il ritratto del musicista risulti un po' annacquato e poco pregnante, e che Russell non sia riuscito a rendere tutta la reale complessità psicologica propria del genio, di qualunque genio. Allo stesso modo, mi sembra che alcune scene scadano un po' nel ridicolo involontario e nel kitsch (come quella in cui lui tenta di tirar fuori la donna nuda dalla vasca scambiandola per sua madre), altre che siano dello stesso spessore visivo di uno spot pubblicitario (ad esempio quando durante la sequenza onirica ispirata dal concerto iniziale, si vede Ciajkovskij in un campo di grano che ricorda abbastanza quello che si vede negli spot della Mulino bianco), altre ancora gratuitamente e compiaciutamente effettistiche.
Insomma, alla fine della visione si ha come l'impressione che la personalità tormentata dell'artista sia resa semplicisticamente, sperduta in una serie di quadretti di forte impatto visivo, molto belli esteticamente, ma complessivamente piuttosto annacquati e slegati fra loro, non abbastanza compatti da riuscire a formare un ritratto completo e approfondito. 
Spero che qualcuno riesca a smentirmi, dandomi la possibilità, per quanto possibile, di tornare ad apprezzare questo film, nonchè impedendomi di propendere sempre di più verso l'ormai celeberrimo giudizio mereghettiano...

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