Regia di Elio Petri vedi scheda film
Ci sono due anime in questo film: una è quella politica, "a tesi", l'atto di denuncia contro un potere soffocante e involuto, kafkiano. L'altra - in qualche modo speculare - è quella della sperimentazione narrativa, poichè questo è (anche) un giallo al contrario, con un colpevole che fa di tutto per essere scoperto. Giusto per sottolineare quanto le cose, nell'Italia dipinta da Petri, vadano indietro invece che avanti. E lo spettatore è lasciato con un senso di angoscia e di impotenza, anche (soprattutto?) a quarant'anni dall'uscita di questo film.
Storica... un pezzo che vive di vita propria come il tema di "Il buono il brutto e il cattivo".
Incarna bene la controparte sensuale e vitale al composto ed azzimato Volonté.
Autentico mattatore del film, e non potrebbe essere altrimenti. Il suo personaggio, tratteggiato comunque non senza una certa ironia (si vedano i sottoposti che lo insultano indirettamente mentre raccolgono prove del delitto), sembra rappresentare il lato oscuro di quel "carattere italiano" che il cinema stesso ha spesso raccontato con vari gradi di indulgenza: meschino, misogino, "arrogante coi più deboli e zerbino coi potenti", reazionario, narcisista e velleitario. Eppure, nonostante sia chiaro che un tipo così è meglio perderlo che trovarlo, la recitazione di Volonté non ci fa staccare gli occhi da lui nemmeno per un attimo, riuscendo a penetrare nella sua ossessione.
Pedina Volonté dall'inizio alla fine, inserendo frammenti stranianti, tra il flashback e l'allucinazione, virando del tutto verso il simbolista/surreale nella scena conclusiva. La butto lì: il nonno del Divo di Sorrentino?
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