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Non ci resta che il crimine

Regia di Massimiliano Bruno vedi scheda film

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La recensione su Non ci resta che il crimine

di mm40
3 stelle

Tre cinquantenni romani, ossessionati dalla banda della Magliana, trovano casualmente dentro a un bar un passaggio spaziotemporale che li trasporta nel 1982. Rivedranno l’Italia vincere i mondiali, ma anche le gesta della terribile banda criminale.

Per quanto non scendano mai ai livelli dei cinepanettoni, le commedie dirette da Massimiliano Bruno riescono sempre a coniugare il più totale disimpegno e delle trame sottili sottili nel segno della ricerca della massima popolarità; e cosa c’è di più popolare, nel cinema nostrano del 2019, di un gruppetto di cinquantenni con la fissa della banda della Magliana? Le due costanti di questi anni (la generazione di interpreti attorno al mezzo secolo di età e un inusitato fascino da parte della criminalità organizzata) si uniscono ancora una volta sullo schermo, mettendo insieme i vari (e azzeccati, ça va sans dire) Alessandro Gassman, Edoardo Leo, Gianmarco Tognazzi, Marco Giallini e lo stesso Bruno, oltre alla giovane star roman(esc)a del momento, cioè Ilenia Pastorelli, e Antonello Fassari in una parte minore, con le gesta truci e delinquenziali dei criminali della Magliana: di più non c’è qui. Il prodotto è comunque piacevole entro i suoi stretti limiti e la confezione non è buttata via, ma davvero – al di là della poca originalità della storia (sceneggiatura del regista, di Nicola Guaglianone, di Roberto Marchionni detto Menotti e di Andrea Bassi) – non si può parlare né di film notevole, memorabile, né tantomeno necessario. Domina il già visto nelle gag e nelle dinamiche fra i personaggi, mentre la delinquenza vede sottrarsi la sua patina di immoralità e pericolosità per trovare nuova luce grazie al richiamo del proibito e alla verve della (romanesca) cafoneria ridanciana. 3/10.

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