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Non ci resta che il crimine

Regia di Massimiliano Bruno vedi scheda film

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La recensione su Non ci resta che il crimine

di barabbovich
6 stelle

Tre amici disoccupati sbarcano il lunario allestendo un tour cittadino per i luoghi che hanno reso famosa la Banda della Magliana, sperando di riuscire a fare i soldi "con la pala". Passando per un cunicolo spazio-temporale, si ritrovano improvvisamente nel 1982, quando la nazionale italiana sta giocando il mondiale che l'avrebbe portata alla vittoria. Vengono così a contatto con De Pedis, il boss della banda conosciuto come Renatino (Leo), e con i suoi scagnozzi, imbarcandosi in avventure paradossali e assai rischiose.
Giunto alla sua sesta regia, Massimiliano Bruno propone un mix tra Ritorno al Futuro e Non ci resta che piangere, con espliciti riferimenti a entrambi (a partire dalla canzoncina che avrebbe avuto successo in futuro: Yesterday nel film di Troisi e Benigni, qui - purtroppo - Dammi tre parole, portata al successo da Valeria Rossi) e un vago richiamo a I soliti ignoti. La regia è sciatta come al solito (inguardabili le scene di esultanza dei tifosi dopo la vittoria con l'Argentina), la Pastorelli la solita miracolata della settima arte che non ha ancora capito la differenza tra un set cinematografico e il salotto del Grande Fratello, ma i tre protagonisti - nonostante il reiterato type casting di Giallini - sono talmente affiatati da riuscire a garantire scene a tratti esilaranti, con Gassman nel ruolo di un mezzo ritardato e Tognazzi in quello dell'ipocondriaco pavido. Inedito ruolo da cattivo per Edoardo Leo, qui meno a proprio agio rispetto ad altre occasioni e comunque destinato a suscitare le simpatie di chi non ha strumenti sufficienti per capire quale razza di sordido criminale interpreta. Il che rischia di generare un nuovo effetto Gomorra.

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