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Il Corriere - The Mule

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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La recensione su Il Corriere - The Mule

di obyone
7 stelle

Clint Eastwood

Il Corriere - The Mule (2018): Clint Eastwood

Clint Eastwood

Il Corriere - The Mule (2018): Clint Eastwood

 

Ho visto un corpo dall'eccessiva magrezza e abiti larghi; ho visto una pelle segnata dalle rughe ed il passo esitante della stanchezza. Nonostante la tempra rocciosa, ho notato il fisico spossato di Earl Stone e mi sono rimasti impressi la vecchiaia ed il rammarico: non la droga, nascosta, per pudore, dentro una borsa a tracolla; non la caccia al "mulo" o la rete muscolosa del narcotraffico che veniva alle mani con il dipartimento anti-droga. Con l'andatura lenta di un pick-up sgangherato ed arruginito sono uscito di sala accompagnato dalla sensazione di aver assistito al testamento spirituale di un anziano. Quello di un fallito che si è sentito a suo agio con bulbi e fiori, coltivati tra una fiera ed una polka; quello di un uomo che ha messo il lavoro davanti ai propri affetti, nell'egoistico tentativo di far tacere un insopportabile senso di inadeguatezza. E qui è stato arduo separare Earl Stone, abbandonato dalla moglie (Dianne Wiest) e odiato dalla figlia (Alison Eastwood guarda caso), da Clint Eastwood, uomo di 88 anni capace di generare 7 figli da cinque donne diverse, collezionando amori e relazioni galeotte, provocando ferite e cicatrici per ogni donna e per ogni figlio lasciato: almeno così ho immaginato, almeno così sarebbe lecito credere se tutto ciò accadesse a un semplice mortale.

 

Dianne Wiest, Clint Eastwood

Il Corriere - The Mule (2018): Dianne Wiest, Clint Eastwood

Clint Eastwood, Alison Eastwood

Il Corriere - The Mule (2018): Clint Eastwood, Alison Eastwood

Bradley Cooper

Il Corriere - The Mule (2018): Bradley Cooper

 

Così quando il vecchio floricoltore ha redarguito l'agente Bates (Bradley Cooper), colpevole di non aver augurato alla moglie "Buon Anniversario", è stato spontaneo sovrapporre la vita del personaggio a quella del suo autore. Naturalmente è stata un'impressione, ma quando mai la "persona" non ha influenzato "l'artista" con il proprio vissuto ed il proprio background? Eastwood ha lasciato ai giovani il messaggio che forse gli era più caro, un messaggio di dedizione verso la famiglia, frutto di un probabile bilancio di padre, marito o più semplicemente di uomo, alla soglia dei "novanta". Ma se vogliamo, il testamento del regista non si è limitato alla sfera emozionale diventando politico allorché il regista ha messo sulla strada i propri capisaldi morali. Eastwood ha guardato indietro dando l'impressione di non voler più voltare lo sguardo in avanti dando, romanticamente, per scontata la mediocrità del presente rispetto al passato. Tra una corsa e l'altra, tra nord e sud, tra ieri e oggi, Eastwood ha consacrato il suo pensiero all'elegiaca raffigurazione di un passato idealizzato nell'abnegazione per il lavoro, nell'appassionata ricerca della bellezza, nella fede verso il paese servito durante la guerra, nella piena espressione dell'individuo all'interno di un associazionismo fondato su valori tradizionali. Per contro, il regista ha inveito contro un presente raffigurato nelle generazioni recenti, incapaci di usare le mani per lavorare, nell'inutile consumismo, nell'eccessivo individualismo, nell'attaccamento morboso al danaro e nella dipendenza patologica dalla tecnologia. Pur non condividendo il pensiero del regista non posso biasimarlo nella sua visione angosciosa di un presente in cui le relazioni sono sempre più spoglie e sempre più virtuali, in cui la persona non si realizza nell'appartenenza ad un gruppo ma nella confortante chiusura del proprio essere. È, invece, alquanto umano riconsiderare il proprio passato, legato alla bellezza e alla giovinezza, nell'ambito di un procedimento di malinconica astrazione. Ma, per l'appunto, di astrazione si tratta. Non sono convinto che si stava meglio "quando si stava peggio" come Eastwood vuol farci credere. Durante la sua giovinezza non è stato forse testimone di tre guerre, l'omicidio di un presidente e durissime tensione razziali? Quelle stesse che aleggiano nella miglior sequenza del film durante il fermo del furgone sbagliato? Nonostante un finale troppo eroico per essere vero che ancora dimostra un attaccamento "d'altri tempi" verso i capisaldi della società americana come la "giustizia" e l'individuale "responsabilità" e presa di coscienza a cui, sembra, nessuno dia più peso, ma che a mio avviso sono e rimangono una chimera oggi come in passato, Eastwood, se non altro, ha l'onestà di toglierci di dosso quel buonismo da metoo evidenziando, se ce ne fosse stato bisogno, la vera essenza del popolo americano che si nasconde dietro il politically correct ma nella realtà guarda qualsiasi minoranza con disprezzo e dietro al paravento di parole come "afroamericano", "messicano", "nativo", "gay" in realtà recita ben altre litanie che ne rivelano l'essenza profonda, quell'essenza che la rete e la virtualità ha riportato sempre più alla ribalta, liberata da ogni possibile freno inibitorio. Un Eastwood, dunque, minore ma da vedere nella sua sempre ferma logica dell'uomo vittima di se stesso ma anche di un sistema che non lascia scampo e non concede attenuanti a vittime e carnefici. Una convinzione che raggiunge l'apice mostrando il potere che diventa, di qua e di là del "muro", prevaricazione e paura: nell'assassinio a sangue freddo e nella voce supplichevole di un pinco pallino dalla pelle più scura che sta vivendo i cinque minuti di maggior terrore della propria esistenza durante un blocco di polizia, potenzialmente mortale.

 

Cineforum Leoniceno - Cinema Eliseo - Lonigo (VI)

 

Clint Eastwood

Il Corriere - The Mule (2018): Clint Eastwood

Clint Eastwood

Il Corriere - The Mule (2018): Clint Eastwood

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