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La tela dell'inganno

Regia di Giuseppe Capotondi vedi scheda film

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La recensione su La tela dell'inganno

di alan smithee
4 stelle

VENEZIA 76 - FUORI CONCORSO - FILM DI CHIUSURA

Un carismatico ed affascinante critico d'arte di nome James Figueras (Claes Bang), viene invitato a trascorrere un fine settimana nella opulenta villa italiana di un potente collezionista d'arte di nome Joseph Cassidy (Mick Jagger). L'uomo vi si reca accompagnato da una bellissima giovane donna incontrata ad un convegno d'arte, che diviene con un semplice schiocco di dita, la sua amante.

In villa i due si godono le bellezze naturali locali, e vengono a conoscenza che il mecenate ospita in segreto un pittore di enorme fama, l'ottantenne schivo e misterioso Jerome Debney (Donald Sutherland) uomo dalla vita riservata a tal punto dall'essere divenuto praticamente sconosciuto fisicamente ai più, al pari di una figura dai tratti leggendari: un misantropo artisticamente inattivo da anni, la cui opera passata fu quasi totalmente distrutta da una serie di incendi sulla cui natura esistono ancora forti dubbi e perplessità.

Affascinato da quell'incontro esclusivo, il critico inizia subito a pensare che quella straordinaria opportunità, potrebbe anche costituire la sua occasione definitiva per sfondare nel mondo della critica, ottenendo una intervista esclusiva con quella leggenda vivente che invece è risultata impossibile ad altri.

Ma il padrone di casa non ha invitato il nostro James per doveri di cortesia, e le sue buone maniere nascondono una richiesta precisa che il milionario intende rivolgere al suo uomo.

Il quale, dalla sua, non può fare a meno di organizzarsi un suo programma specifico, coadiuvato dalla sua bella amante, utilizzata anche come esca per far breccia sull'anziano artista. Definendo ed esplicitando allo spettatore, il livello di cinismo e la spudoratezza alla quale è disposto ad arrivare il nostro critico rampante, che non tarderà a rivelarsi un uomo privo di ogni minimo scrupolo.

Fastosa ed ambiziosa produzione internazionale, The burnt Orange Heresy costituisce la seconda avventura nel lungometraggio narrativo da parte del regista Giuseppe Capotondi, classe 1968, di cui ben ci si ricorda per il valido La doppia ora, girato giusto un decennio orsono. Regista di formazione pubblicitaria, Capotondi si adopera a portare a termine un thriller dalla confezione impeccabile, ma dalla sceneggiatura bolsa ed assurda che procede per tranelli narrativi che si rivelano inganni superficiali e faziosi.

Gli interpreti sono scelti nell'intento di fare breccia, e se la coppia di protagonisti, che vede impegnati l'affascinante attore danese Claes Bang divenuto celebre per il super premiato cannese The Square, e la bella ed affusolata interprete australiana Elizabeth Debicki (Everest, The Cloverfield Paradox, Widows - eredità criminale, tra gli altri) in qualche modo funziona, almeno esteticamente, davvero imbarazzante risulta la performance di un Mick Jagger davvero impacciato e fuori parte, oltre al solito brillante Donald Sutherland, che si limita a recitare qualche gigionata imbarazzante legata al suo bizzarro e quasi leggendario personaggio di artista fantasma.

Forse Capotondi aspirerebbe a qualcosa di "depalmiano", perché una storia così assurda potrebbe reggere solo ed eventualmente tra le mani abili e "forsennate" di un Brian de Palma in piena forma ed vena di stupire. Con chiunque altro, Capotondi incluso, si finisce per precipitare nella banalità senza speranza costruita ed aggrappata a scorci pittorici perfetti e laccatissimi, che contribuiscono solo a rendere asfittico e fragile un lungo spottone bolso e senza nerbo, quale finisce per diventare questo annacquato thriller tutto forma e poca sostanza. 

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