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La tela dell'inganno

Regia di Giuseppe Capotondi vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La tela dell'inganno

di obyone
6 stelle

Claes Bang, Elizabeth Debicki

La tela dell'inganno (2019): Claes Bang, Elizabeth Debicki

 

Venezia 76. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica.

"Non è un falso, è una copia!". A redarguire l'interlocutore per l'imbarazzante affermazione, davanti ad una scultura marmorea dell'età romana, esposta al Musée du Louvre, è il capitano Georges Picquart in "J'accuse" di Roman Polanski. Tra i due termini espressi dall'ufficiale c'è un abisso di trasparenza. La copia ha fini emulativi ed ogni artista vi è ricorso per apprendere la tecnica e studiare il lavoro dei grandi del passato, da rielaborare secondo il proprio canone artistico in evoluzione. Il falso, a contrario, è fraudolento per antonomasia. La parola deriva dal latino "fallus" che a sua volta è participio passato di "fallere", ovvero sia "ingannare". È l'inganno a plagiare la condotta del critico d'arte James Figueras (Claes Bang) in questo giallo diretto da Giuseppe Capotondi con cast internazionale e location italiche, tra il lago di Como e la città di Milano. Figueras riceve il compito da un eccentrico miliardario britannico, Joseph Cassidy (Mick Jagger), di acquistare un dipinto dall'ospite della sua villa, il pittore Jerome Debney (Donald Sutherland) che ha lasciato ai posteri uno stile inconfondibile quanto rarità di lavori. Debney vive in una dépandance del magnate, nel parco della sua villa adagiata sulle placide acque del Lario. I suoi dipinti sono diventati cenere già un paio di volte e l'artista del pennello, ormai in là con gli anni, sembra sia disinteressato a condividere col mondo le opere prodotte dopo la distruzione del suo ultimo atelier. L'eccentricità dell'autore si concretizza, anzi, in una forma di rivolta radicale verso il pennello e verso la tela, al posto dei quali si plasma un pensiero artistico che non necessita di colori e spatole. Il pensiero pittorico rielabora una tela sempre immacolata che giorno dopo giorno può essere ridipinta senza lasciare traccia. Se Debney non ha interesse per la gloria impressa nella memoria condivisa con i posteri, l'arte, nel suo status materico, può essere un investimento ben più remunerativo di un pacchetto di azioni, specie se le opere rimaste di un autore sono rare. Tra collezionismo e ricerca del tornaconto economico Cassidy è fortemente interessato ad avere una tela di Debney e facendo leva su qualche peccato, nel passato non certo limpido di Figueras, può avvicinare il vecchio pennello e lusingarlo al punto di cedere un suo lavoro per interposta persona. E se l'obiettivo diventasse troppo complicato sarebbe un giochetto ricorrere ai quegli errori di gioventù di Figueras, che potrebbero rovinare irrimediabilmente la sua carriera di scrittore. Per l'uomo insomma sarebbe vitale ottenere quanto desiderato dal proprio committente per evitare lo scandalo, e ricorrere ad ogni machiavellico mezzo consentirebbe di raggiungere il proprio fine.

 

 

Mick Jagger, Elizabeth Debicki

La tela dell'inganno (2019): Mick Jagger, Elizabeth Debicki

 

"The burnt Orange Heresy" è l'ultima e agognata opera di Debney intorno alla quale Capotondi gira un thriller che è solo il pretesto per parlare di arte, di dipinti dimenticati, di falsi d'autore e del dorato e vorace mondo del collezionismo. Non siamo dalle parti del capolavoro e nemmeno dalle parti del precedente "La doppia ora" che mi lasciò emozioni maggiori, ma il nuovo film del regista italiano ha qualche buona freccia al suo arco. L'ironia è sicuramente il dardo principale tant'è vero che il film funziona soprattutto nei momenti in cui il regista prende di mira il mondo dell'arte così vanesio e così impudicamente avido. Si prende gioco di miliardari sciocchi e senza competenze artistiche ma pronti a svuotare i conti in banca per una cornice dipinta. La stessa massa di curiosi che si accalca nelle gallerie e nei musei, ammirando opere d'arte dal dubbio significato ma sulla cresta dell'onda, perché così sembra volere il mercato o la critica, dimostra la stessa mancanza di conoscenza paventata dagli avidi acquirenti che, come il detective alle prese con la statua del Louvre, nel film di Polanski, non distinguono una copia da un falso. Molto bella la sequenza iniziale in cui James si prende, bonariamente, gioco di un gruppetto di persone, durante una lezione, spacciando un suo dipinto per un capolavoro del passato salvo poi rivelare l'inganno e studiare le reazioni degli inconsapevoli "alunni". Sappiamo veramente cosa guardiamo in una sala del Peggy Guggenheim Museum o ci limitiamo a celebrare la moda del momento? Capotondi si domanda questo con ironia e l'apporto di quel malandrino incartapecorito di Mick Jagger, che potrebbe valore, egli stesso, quanto la mummia di un faraone esposto al Museo di Zahi Hawass, risulta fondamentale nel creare sospensione, sospetto e simpatia. Jagger si diverte ad interpretare se stesso sotto le mentite spoglie del filantropo e del collezionista pur nelle poche scene in cui è chiamato ad interagire con la coppia di protagonisti.

 

Donald Sutherland, Elizabeth Debicki

La tela dell'inganno (2019): Donald Sutherland, Elizabeth Debicki

 

Il film, a contrario, risulta meno incisivo sul fronte del thriller. Qui si riscontrano i maggiori difetti a cominciare dalla sequenza pacchiana della doppia violenza subita dalla giovane ed enigmatica Berenice (Elizabeth Debicki) che fugge ad ogni logica di istinto alla preservazione. Questa sequenza è, senza ombra di dubbio, il difetto maggiore nel film del regista marchigiano destinato, tuttavia a risollevarsi nel finale con l'affermazione del senso di colpa o meglio della paura e della codardia sul raziocinio. Ma c'è raziocinio nell'arte? Van Gogh non guadagnò allori né denari. La fama terrena di Francesco Guardi non sopravvisse alla morte mentre Canaletto ebbe successo anche per lui. Si potrebbe continuare all'infinito ricordando anche quel Ligabue che sarà riportato sugli scudi nel film in uscita di Giorgio Diritti "Volevo nascondermi".

Allo stesso modo, oggi, i flash della fama, illuminano una crosta in una prestigiosa galleria mentre il vero capolavoro se ne sta dimenticato in qualche soffitta o calamitato allo sportello di un frigorifero.

"The burnt Orange Heresy" è più una "copia" che un "falso" e nonostante le incertezze della sceneggiatura e dei meccanismi della suspence l'ho trovato un discreto divertissement.

 

Elizabeth Debicki, Claes Bang

La tela dell'inganno (2019): Elizabeth Debicki, Claes Bang

 

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