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C'era una volta a... Hollywood

Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film

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La recensione su C'era una volta a... Hollywood

di Furetto60
7 stelle

Ricco di citazioni, brillante e sorprendente. Cast di attori eccellente e in gran forma, tuttavia non il film migliore del geniale Tarantino

Siamo ad Hollywood, alla fine degli anni cinquanta, l'attore in decisa fase calante Rick Dalton è protagonista di una serie televisiva western “Bounty Law”, ormai però il suo personaggio è logoro, non buca più lo schermo, cosi su consiglio del suo agente di casting accetta piccole parti da “patetico” cattivo in spaghetti western, sempre in compagnia dell’inseparabile Cliff Booth, da dieci anni sua inseparabile controfigura, oltre che confidente, amico fraterno e chauffeur, Cliff vive in una roulotte con un cane disciplinato e fedele, nutre della massima fiducia del suo datore di lavoro, anche se sospettato dell’omicidio di sua moglie e inoltre bandito dai set a causa di una rissa scoppiata con Bruce Lee. Nel frattempo nella casa a fianco a quella di Dalton ,  si sono appena trasferiti Polanski, e sua moglie, l'attrice Sharon Tate. Booth offre un passaggio ad una giovane autostoppista Pussycat, una hippie che dopo aver vanamente provato a sedurlo, si fa accompagnare allo Spahn Ranch, un ranch cinematografico abbandonato per fargli conoscere il loro leader, Manson. Booth non lo incontra ma si accorge di un'atmosfera sinistra, che avvolge quel posto degradato e squallido, soprattutto dopo che è andato a far visita a un suo vecchio amico, trovandolo abbrutito cieco e completamente smemorato. Dalton sta girando l'episodio pilota della serie western “Lancer”, ma è in uno stato psicologico pietoso, alticcio fatica a memorizzare le battute, prendendosela con se stesso, con la bottiglia e con la cattiva sorte, tuttavia aiutato da un'attrice bambina riesce a offrire un'interpretazione, se non altro dignitosa. Sei mesi e una moglie italiana dopo, Rick e Cliff tornano a Los Angeles dove li attende la notte più calda del 1969. Quattro adepti della setta di Manson, Tex, Sadie, Linda e Katie, parcheggiano nel vialetto di Dalton, preparandosi a uccidere su istigazione del loro farneticante leader. Dalton li stana e li allontana, ma avendolo questi riconosciuto cambiano il loro piano: decidendo di sopprimere proprio Dalton,in quanto simbolo dell'ipocrisia hollywoodiana

Linda con una scusa va via, gli altri tre irrompono armati di pistola e coltelli in casa Dalton, trovandosi però ad affrontare Cliff, che, uccide con maestria Katie e Tex e fa ferire gravemente Sadie dal suo pitbull Brandy, prima di svenire per le ferite riportate. Resa cieca dalle ferite, Sadie irrompe cadendo nella piscina dove c’è l’ignaro Dalton, e da lui viene freddata con un lanciafiamme. Con l'arrivo dei soccorsi, Booth viene portato via in ambulanza in condizioni gravi ma stabili, mentre la Tate, venuta a conoscenza della disavventura, invita Dalton a casa sua. Il finale è sorprendente, per chi conosce la reale tragica vicenda. Tarantino in “C’era una volta a… Hollywood” è ancora uno stakanovista della citazione creativa, con incursioni di dolce nostalgia, irretito dal bisogno di raccontare un’epoca in cui la mecca del cinema, veniva attraversata da avvenimenti sconvolgenti e da sussulti di libertà e paura, in un gioco di rimandi sofisticatissimo e ricercatissimo, un puzzle per appassionati cinefili, con inserti di telefilm, pezzi di film, costumi, artefatti vari per la gioia di chi adora il cinema di cartapesta dei mitici anni sessanta, e soprattutto una colonna sonora ricca di classici rigorosamente scelti tra quelli usciti in quella cruciale contingenza temporale.

Meta-cinema diremmo oggi o cinema che si specchia continuamente, basti pensare alla sequenza in cui guardiamo la Robbie che interpreta la Tate intenta a guardare in sala quello che sarà l’ultimo film interpretato dalla vera Sharon. Tarantino ci porta alle soglie dell’inferno, nella discesa di Cliff nel territorio dello Spahn Ranch, a pochi metri da dove Antonioni girerà “Zabriskie Point” in cui trova rifugio la tenebrosa, comunità del guru luciferino Manson, dedita a orge di sesso e morte, mostrato solo di sfuggita, mentre effettua un sopralluogo nella villa affittata da Polanski a Cielo Drive. Se qualche digressione di troppo risulta ridondante, resta insuperabile il talento con cui Tarantino in un finale rocambolesco e aperto, che ha avuto diverse chiavi di lettura, ci fa credere che la storia possa essere piegata per davvero, dalla lingua fantasmatica del cinema, a completare il quadro e il film con un ribaltamento immaginario della cronaca.

Il film ha fatto incetta di premi e molti si sperticano nel lodare l’opera considerandola la summa e l’apoteosi del cinema Tarantiniano. Cosa dire o aggiungere? Tarantino è un regista geniale, sa usare il mezzo cinematografico con grande maestria e conosce non solo il suo cinema ma tutto il cinema e fin qui siamo d’accordo. Tuttavia premesso tutto questo, che non è poco, il film mi ha lasciato un tantino perplesso. Mi sembra un omaggio agli anni d’oro di Hollywood, ma in buona sostanza soprattutto un grande esercizio di stile, elegante raffinato, ma fine a se stesso, non me ne vogliano i tantissimi ammiratori del regista, di cui anche io mi vanto di farne parte e che al di là di tutto resta un grande, tuttavia non credo che questo sia il suo migliore film.

 

 

 

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