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Le colt cantarono la morte e fu... tempo di massacro

Regia di Lucio Fulci vedi scheda film

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La recensione su Le colt cantarono la morte e fu... tempo di massacro

di scapigliato
8 stelle

Non ci stupiamo più ormai delle becere considerazioni che si fanno sui film cosidetti di serie B. Fulci, si sa, qualche colpo l'ha mancato, eppure anche le sue opere più discutibili portano un segno riconoscibilissimo della sua bravura artigiana nelle idee di scena. A maggior ragione i primi prodotti di genere che firma sono davvero grandi firme. "Le Colt Cantarono e fu Tempo di Massacro" del '66 non solo rivisita il western amplificando a dismisura alcuni elementi sintattici che lo rendono così simile ad un film violento senza tempo, a tratti horror, ma lo recupera filologicamente. Sebbene girato in Italia, e non nella bellissima Almeria, gli ambienti e i luoghi sono ripresi e contestualizzati da Fulci come parte integrante di un immaginario western classico e non fanno in tempo a corrompersi all'occhio del purista che afferma "Questo non è il West". La cadenza, i topoi western, i volti e i caratteri dei personaggi sono ripresi più dal nuovo corso leoniano che dalla leggendaria epopea americana, eppure quello che abbiamo davanti è un western vero, violento, che non risparmia nulla. Sarà per la mano di Di Leo, per lo sguardo di Fulci, o per la magia intrinseca ad un western che viene fuori sempre quando si parla di cow-boy, cavalli e deserti. Un'alchimia questa che non riesce ancora ad essere sostituita oggi da nessun altro immaginario, e Fulci già lo sapeva nel '66 quando, forse anche inconsapevolmente, girò questo film giocando con il genere, utilizzandone la grammatica di base, per poi inserci dei suoi personali commenti estetici e di linguaggio che ne fanno ancora oggi un cult d'autore per eccellenza.
Le scene sono forti, con dovizia di particolari (come il segno di bruciato che troviamo sulla ferita di un tizio a cui Nero spara da molto vicino). La crudeltà è la chiave di lettura di tutto il film. Infatti solo con crudeltà si può attraversare un mare di disperazione come quello che deve affrontare Franco Nero, e indirettamente anche Hilton. Il cattivo Nino Castelnuovo è delizioso nel suo sadismo, e non esagera tanto da risultare un brutto Klaus Kinski, perchè in molti tentarono di imitare l'attore tedesco nato polacco, non arrivando chiaramente al suo stato di grazia. La storia di due fratelli che si vede hanno poco in comune e che arrivamo spesso alle mani, e che devono vendicare il padre ucciso da un signore locale, per scoprire di non essere fratelli e che l'assassino è il padre di uno dei due, e il sadico Castelnuovo è suo fratello, è angosciante e disperata. Chi è davvero padre? Colui che ti crea o colui che ti cresce? Chi ti è davvero fratello? Quello di sangue o quello di latte? Franco Nero non si prende il tempo di riflettere. Il padre naturale lo lascia morire con freddezza, ma lo vendicherà unendo alla sua vendetta pure quella per il padre adottivo. E davanti al vero fratello ritrovato vi preferirà l'alcolizzato fratellastro con cui divise l'infanzia.
Un grande film per una grande emozione che non s'assopisce mai: il confronto umano nel vasto deserto del Western.

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