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Summer

Regia di Kirill Serebrennikov vedi scheda film

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La recensione su Summer

di mm40
4 stelle

Leningrado, 1981. Viktor è una rockstar russa, sposato con Natasha, da cui ha avuto un bambino. Un giorno gli si presenta Mike, cantautore di talento, e Viktor decide di aiutarlo a realizzare i suoi sogni: lo fa sfondare nella scena rock locale e gli permette di andare a letto con Natasha.

Kirill Serebrennikov (Playing the victim, Parola di Dio) è un regista russo sui generis, senza dubbio legato alla sua terra eppure capace di criticarla se non addirittura contestarla, senza rinnegare il suo profondo rapporto con la madrepatria. Anche in questo Summer non manca di ricordare gli aspetti drammatici della vita in Russia nei primi anni Ottanta, quando i primi dischi rock d’oltrecortina cominciavano a circolare liberamente, ma la repressione dello Stato-padrone non permetteva ai giovani neppure di ballare – neppure di alzarsi dalle sedie! – ai concerti rock; non manca insomma di inquadrare con una certa oggettività la scena in cui ambienta la storia del suo film, ma commette comunque altre leggerezze difficili da perdonare. In primis il fatto che, pur tratto da una storia vera, il copione (Michail Idov, Lili Idova e Kirill Serebrennikov) non si spinge oltre alla descrizione del classico triangolo amoroso lui-lei-l’altro, senza approfondire alcun punto di vista psicologico dei personaggi, ma preferendo soffermarsi su un’estetica fortemente pop (spesso semplicemente da videoclip, ahi) e su una colonna sonora farcita di brani rock di fine Settanta/inizio Ottanta: The passenger di Iggy Pop, Psycho Killer dei Talking Heads, Call me di Blondie, tanto per spararne un trio. In secondo luogo viene poi l’inequivocabile indulgenza mostrata verso “i bei vecchi tempi”, frutto senz’altro della nostalgia del regista per gli anni della sua infanzia e adolescenza, ma che mal si accosta al concetto di ‘verosimiglianza’ e che lascia intendere come la Russia del 1981 sia in bianco e nero (fotografia di Vladislav Opelyants) principalmente per meriti nostalgici e non tanto per l’oscura oppressione governativa coeva (ma l’intento è chiarito dalle due brevi sequenze a colori, entrambe rappresentative di una fuga da quella realtà). Summer è insomma un film tutt’altro che rock, ma frutto di un buon cantautorato pop che si sublima nelle sequenze musicali, certo le meglio riuscite dell’intera opera. 4/10.

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