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Aguirre furore di Dio

Regia di Werner Herzog vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Aguirre furore di Dio

di Utente rimosso (signor joshua)
10 stelle

Nell'America degli indios non c'è spazio per l'indecisione. C'è spazio per preti assassini, c'è spazio per deposizioni, tradimenti, bagni di sangue, esecuzioni, speranze di avidità, e morte. Ma questa non è l'America degli indios, è l'America plagiata, stuprata, distrutta, saccheggiata ed incendiata dai colonizzatori. I nativi del luogo diventano schiavi, testimoni di una lenta, sanguinosa ed inesorabile estinzione di un mondo incontaminato, l'ardore dell'egoismo europeo, invece avanzava imperioso e degenerante nelle foreste immense, nei fiumi infiniti, nelle lande desolate del deserto, e sui monti innevati. Ed in questo scenario, si muovevano personaggi indecifrabili per gli occhi dei normali esseri umani, dei folli, dei poeti guerrieri, degli assassini, in due parole: i veri conquistadores. Gente come Francisco Pizarro e come Hernan Cortes, giunti in terra straniera dalla Spagna, testimoni di un mondo ancora da scoprire, un nuovo continente vergine da sottomettere, da razziare e da spartire con gli altri colonizzatori. E la mania, l'avidità, la cupidigia, l'assoluta meraviglia, di un luogo così straordinario, si trasformarono in El Dorado, una città gigantesca costruita interamente con oro zecchino. Ed è così che inizia questo travaglioso viaggio, in cui si snoda questo straordinario capolavoro di Herzog, avvertendoci subito che nessun membro della spedizione è mai tornato indietro a dire se avessero trovato o no la città d'oro, e chiarendo che tutto ciò che si vede, è stato filtrato dagli occhi del prete che accompagnava i condottieri. Già dalle prime inquadrature di cascate e di foreste, ci si rende conto del talento che il regista ha nel rendere l'ambiente vivo, e dominatore della scena, al cui interno si muovono personaggi schiacciati dalla sua potenza selvaggia. Ma questo è solo l'inizio: dopo i primi dieci minuti di viaggio, un terzo degli uomini della spedizioni vengono trucidati dagli indigeni ed il mattino seguente, le altre due zattere, vengono trascinate via dall'aumento del livello del fiume, da qui in poi, Aguirre che era rimasto in disparte a seguire gli ordini, decide di non seguire l'ordine di tornare indietro, uccide un soldato, e ferisce il comandante. Da qui in poi, come farà Coppola con Apocalypse Now, Herzog ci fa entrare nel cuore di tenebra di un luogo, immergendoci nella claustrofobia creata dalla consapevolezza di trovarsi in un luogo sconosciuto ed ostile; ai margini del fiume, ombre spaventose si muovono senza mai mostrare il loro volto, e dai tronchi degli alberi arrivano silenziose frecce che piano piano decimano i membri della spedizione. La ricerca dell'impossibile capitanata da Aguirre, si trasforma in un mero pretesto (non solo allegorico, ma anche reale), per intraprendere un terrificante viaggio all'interno del proprio egoismo, trovandolo rappresentato da una distesa d'oro e di gioielli, ma non solo: per Aguirre, non l'oro che ha un valore reale, ma la grandezza del proprio tradimento, lui vuole creare un nuovo impero forgiato sul sangue e sulla disobbedienza agli ordini, nominandone imperatore qualcun altro, per poi ripartire ed andare oltremare, e scoprire ancor più terre, sottraendo alla corona di Spagna quelle già possedeva, conquistando l'America, l'Europa e dopo, chi sa, magari tutto il mondo. Questi sono i deliri di onnipotenza di Aguirre quando rimane da solo, su una zattera piena di morti, che continua ad andare e a vagare verso il niente. Perché è proprio questo che gli uomini trovano oltre i propri confini: un''oceano di niente, rappresentato materialmente da una distesa di egoismo e di perfidia, e per nessuno di quelli che varcano il confine c'è più salvezza, o possibilità di tornare indietro. Un po' come il limite che ha superato Kurtz nel film di Coppola, in cui il suo conflitto interno, lo trasforma in un'allegoria vivente sulla contraddizione dell'umanità. Ma qui non c'è Kurtz, anzi, per essere esatti, non c'è Willard, e Kurtz, in realtà è lo stesso Aguirre, e non c'è neanche una fine del fiume, perché il viaggio terreno era già terminato in partenza, non restava che rovinare contro la propria follia. Un film eccezionale, tesissimo, dotato di una straordinaria potenza espressiva, e con un Klaus Kinski (allucinato) in stato di grazia.

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