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Judy

Regia di Rupert Goold vedi scheda film

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La recensione su Judy

di leporello
8 stelle

    Potrebbe dirsi che non ci sia niente di che in questo film. Potrebbe dirsi piatto, scontato, commerciale (nel senso detrattivo), concepito per un pubblico immaturo e realizzato senza troppo zelo per la “maturità cinematografica”. Possono starci molte critiche; se ci si vuole accanire contro il regista, si proceda pure, o contro la moda dei biopic musicali idem. E se si vuole criticare il modo di arrivare a colpire la sensibilità dei cinefili usando le finte lacrimucce o costruendo un personaggio che strappa lacrimucce vere, o che un finale decisamente ruffiano arrivi dopo uno strascico eccessivamente prolungato di melensaggini materno/familiari, posso concordare.


   Però non concordo su due cose, due cose che sono le fondamenta di questo “Judy”: la prima è  la signora Frances Ethel Gumm, in arte Judy Garland, classe 1922, sposa cinque volte, madre di tre figli dei quali (una in particolare, la maggiore Minelli Liza) si è poi saputo qualcosa in giro. Nata bambina come succede a tutti, (non bellissima, cicciottella e col nasone), ma come a non tutti capita, dotata di un talento straordinario nascosto nei meandri dell’ugola. E come a pochi di noi (noi bambini) è successo, la piccola Frances viene presa e stritolata da uno star system del quale essa stessa si innamorerà a prima vista, commettendo forse lo stesso errore ripetuto poi nella vita per altre cinque volte “Ogni volta che taglio una torta” (cit. dal film). Inevitabile lo sbandamento, le droghe, l’alcol, i tentati suicidi. E nonostante tutto questo un bisogno di essere amata (azzeccatissima la citazione dal “Mago di Oz” sui titoli di coda) che non si placherà mai fino all’ultimo istante della sua vita, e fino all’ultimo fotogramma del nostro film.


   La seconda cosa è la signora Renée Zellweger, in arte Bridget Jones, ma solo fino a ieri, o ieri l’altro. Tale signora, non più giovanissima e molto più bella della signora Gumm, pare sia stata più di un anno a studiare questa parte, abbia preso “lezioni di voce” della quale, come già si sapeva, non aveva poi tutto questo bisogno. Ed è stata a dimagrire con la stessa fatica con la quale la signora Gumm doveva non ingrassare, e si è preso poi il lusso e la responsabilità di cantare lei, lei stessa in persona, le canzoni che cantava la signora Gumm, e che Judy Garland/Zellweger canta in questo film. Ai detrattori della Zellweger propongo amichevolmente non di rivedere  questo film (se proprio non gli è piaciuto...), ma di riascoltarlo. E a chi non ha saputo cogliere l’intensità d’animo che Garland e Zellweger hanno messo in ciò che hanno fatto, suggerisco altrettanto amichevolmente di perdere solo cinque minuti per ascoltare questa versione di “Over The Rainbow” di Eva Cassidy, altra donna che (non c’entra niente col film, ma...) alla vita ha dovuto pagare tributi ben oltre il dovuto, ben maggiori rispetto a quelli che paghiamo tutti noi, noi che non siamo morti bambini prima ancora di aver compiuto cinquant’anni. E che magari siamo, come nel mio caso, pure stonati.

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