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Ted Bundy - Fascino criminale

Regia di Joe Berlinger vedi scheda film

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La recensione su Ted Bundy - Fascino criminale

di Andreotti_Ciro
7 stelle

Storia Verissima e assolutamente, e per questo, assurda

Nel 1969, in un bar di Seattle, una ragazza madre di nome Liz incontra un giovane studente di legge. I due iniziano a frequentarsi e Ted inizia ad aiutare Liz anche a crescere la figlia Molly. Dopo qualche anno Ted viene arrestato con l’accusa di essere un serial killer che ha assassinato numerose donne in diversi stati. L’uomo davanti a ogni corte, e davanti alla sua ragazza, continuerà sempre a proclamarsi innocente.

 

La pellicola di Joe Berlinger non certo nuovo al mondo del crimine avendo diretto anche la recente serie documentaria dedicata alla figura dell’avvocato di Burlington, non vuole esplorare vecchi casi di cronaca archiviati sotto la nomenclatura di sparizione o omicidio, ma bensì la capacità di Bundy di proclamarsi innocente fino alla fine dei suoi giorni e come questa capacità innata gli sia valsa la scena nel corso di ogni processo che lo ha visto protagonista. La mimica facciale e la sfrontatezza di Bundy diventano il marchio di fabbrica di un uomo sicuro delle proprie convinzioni e tesi e risultato della perfetta mimesi nella quale si muove Zac Efron che di Bundy riesce ad assumere sembianze, tic e camni di umore facendocelo ammirare attraverso la sua camaleontica capacità di essere il ragazzo della porta accanto. L’ex giovane talento di high school muscial riesce a sfruttare la grande somiglianza fisica che l’accomuna al Bundy originale calandosi nella scena e occupandone angoli e anfratti e quasi cancellando gli altri coprotagonisti a eccezione di un giudice impersonato da John Malckovich, e una fidanzata che lo accompagnerà nel corso di oltre venti anni, fino agli ultimi giorni di vita. A prestare il viso a Liz Kendall, che con Bundy pensò concretamente di costruirsi una famiglia fino a rimanere attanagliata da mille dubbi ai quali si dovette arrendere non prima di una catarsi fatta di una lenta autodistruzione, è la trentenne attrice britannica Lily Collins. Insuperabile alla stessa maniera le ricostruzioni d’ambiente, basti ammirare le immagini finali di repertorio. E la colonna sonora che accompagna ogni cambio di scena. Film che quindi riesamina un vecchio caso ma senza analizzarne cause e conseguenze ma solo esplorando una storia di cronaca nera confezionata con dovizia e priva della benché minima sbavatura il tutto visto, vissuto e narrato da parte della più subdola delle vittime di Bundy: la sua ragazza Elizabeth.

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